di Pierluigi Piccini
SIENA. Ci sono momenti nei quali una collettività si deve far sentire. Quei momenti in cui la sorte di una città, di un territorio, dipende dalle scelte che vengono compiute. Una comunità si fa sentire attraverso il suo rappresentante massimo, il sindaco, che non appartiene a una parte o l’altra degli schieramenti politici, ma a tutti i cittadini: anche quelli che non lo hanno votato.
Tema difficile da interpretare, soprattutto quando da tempo si è venuta ad affievolire la coscienza istituzionale degli amministratori di qualsiasi colore politico. Le istituzioni di fatto sono svuotate di importanza e le decisioni vengono prese fuori dalle sedi istituzionali. Basti pensare a come si formano le giunte, con il manuale Cencelli alla mano, dove anche chi prende qualche centinaio di voti fa la voce grossa per rivendicare ruoli e visibilità.
Il Biotecnopolo rappresenta platealmente quella partita che non appartiene a una parte o l’altra dello schieramento politico, ma a tutti i cittadini, paradossalmente anche ai contrari, e che hanno diritto di conoscere lo stato dell’arte. Per questo ribadiamo come il sindaco debba recuperare il suo ruolo di sindaco fuori dalle tutele di parte che lo circondano: la Fabio, dal momento che è stata eletta, diventa il primo di tutti i cittadini e non più il rappresentante di una parte politica. Come dovrebbe agire, dunque? Convocando – nella fattispecie del Biotecnopolo – tutti i soggetti interessati, compresi i ministri, nella sala del Consiglio Comunale.
Se oggi possiamo ancora parlare di Gsk e di una storia dei vaccini, di una presenza importante della biologia a Siena è perché un consiglio del tipo sopra ricordato si svolse anni fa ai tempi di Marcucci. La città si assunse la responsabilità di sfiduciare quell’imprenditore, prendendo su di sé il proprio destino. A maggior ragione oggi, di fronte alla situazione economica del territorio senese profondamente cambiata e nella necessità di definire un nuovo modello di sviluppo per il futuro di sé stessi e del territorio.
Obiezione: ma ci sono difficoltà a fare un’azione del genere? Certo, che ce ne sono, ma chi non aderirà, chi non parteciperà, chi non si adopererà per trovare le soluzioni per andare avanti e avviare il progetto sarà riconosciuto chiaramente dai cittadini, e a nessuno sarà concesso di nascondersi dietro gli alibi dello scaricabarile. Su tutto primeggia l’impersonalità della politica e di chi la usa, pur non essendo un politico per fini personali (ce ne sono tanti anche a Siena) sarà inevitabilmente smascherato. Delegare ad altri e non al sindaco questo ruolo di ricucitura, di mediazione non fa altro che peggiorare la situazione rischiando di farla abortire. Stiamo rivivendo per certi aspetti l’esperienza del Parco scientifico – altro fallimento – a Torre Fiorentina di alcuni anni fa.
Mi dite qual è quel parlamentare che si mette contro le decisioni del proprio partito? Nessuno. Soprattutto quando gli onorevoli sono al primo mandato e tutti sappiamo bene che la riconferma è per questi l’unico vero obiettivo. Se i rappresentanti del popolo, poi, vengono scelti dalle segreterie di partito, il cortocircuito diventa perfetto.
Per di più le voci romane si rincorrono e creano confusione, come quella che individuerebbe dopo le elezioni europee di un attacco di Forza Italia al ministro della Sanità per la sua sostituzione (con uno zampino senese).
I sindaci, viceversa, possono e devono andare anche contro o oltre le decisioni dei partiti da cui provengono, quando gli interessi di parte investono la comunità a cui appartengono, creando disagio e disvalore. Anche questo scenario si è visto nel passato dalle nostre parti e non soltanto una volta.
Non vedo altra soluzione per superare questa situazione di stallo. Se ce ne fossero altre ben vengano, ma da quello che ci è dato vedere la strada che è stata presa è un’altra: lo scontro politico tutto locale, le giustificazioni e l’eterna colpa, un viatico che porta diritti al fallimento.