Seconda parte dell'intervista al maestro Fontani, che mette a nudo le responsabilità di Siena
a cura di Marco Sbarra
Prosegue l’intervista con il maestro Adriano Fontani con questa seconda ed ultima parte.
SIENA. (seconda parte)
Fontani, lei ha affermato che a Siena impera un “groviglio mafioso”, che ha Potere Unico Senese.
“Le spiegherò fra poco il sgnificato che io attribuisco al termine “mafia” qui a Siena. Ora voglio confidarle una cosa. Uno dei miei primi cartelli di protesta raffigurava un groviglio formato da Mps, Testimoni di Geova, DS e Massoneria. Questo avveniva nel 2006 fuori dalla Fortezza dove si celebrava la festa dell’Unità e ricordo che quel manifesto attirò l’attenzione di una coppia tedesca che lo fotografò. Ma lei cosa penserebbe se vivesse in una realtà intrisa di omertà e di grettezza, che soffoca ogni barlume di indipendenza e di libero pensiero, condannando alla morte civile chi osa ribellarsi ad una sorta di dittatura soffice?”
C’è un dominus in questo “groviglio”?
“Non c’è alcun dubbio è il partito che da 73 anni governa la città. Con il supporto della Massoneria, ha saputo stendere la sua rete di potere su Siena, inglobandovi partiti di governo e di opposizione, Istituzioni scolastiche e associazioni di ogni genere.
Siena è una città particolare. E’ l’unica amministrazione che dal 1945, a mia memoria, non ha ancora visto l’alternanza del governo cittadino. Città rosse come Bologna, Firenze, Perugia, Livorno, da ultimo perfino Genova, hanno goduto di un cambiamento. Siena invece no, ha visto sempre e solo un partito primo al traguardo, il Pci/Pd. E questo non può non avere provocato un’asfissia democratica, perché quando un partito, qualunque esso sia, governa ininterrottamente da decenni, non può non divenire tirannico e arrogante. Ormai ha superato il record dei 72 anni raggiunto dalla rivoluzione bolscevica in URSS grazie ad un regime all’apparenza dolce, ma ferreo nel controllo dei cittadini”.
Come spiega questo singolare primato?
“La natura psicologica del senese è terribile. Ma lei si immagina? Dopo che ti hanno rovinato il patrimonio principale, la banca, tu rivoti quelli? E come fai? Questi senesi meritano tutto il male che è cascato loro in testa. Sapete che Mussari ha donato quasi 700 mila euro al partito in segno di riconoscenza, quel Mussari che voi dite abbia rovinato la banca e rivotate quel partito?
A Siena c’è un un voto di scambio tremendo, non c’è dubbio operato grazie alla presenza del Monte dei Paschi di Siena. Col sistema Monte il partito da sempre controlla l’opposizione. Semplice, perché potendo distribuire ai leader dell’opposizione poltrone a tutti i livelli ed erogazioni alle loro organizzazioni tramite la Fondazione si è sempre garantito il loro appoggio. Ma ora che la banca è andata in crisi, ora che la Fondazione non eroga più un quattrino da anni, come spiegare che i cittadini nel segreto delle urne continuino a preferire quel partito? Io non trovo altra spiegazione se non nella particolare natura psicologica dei senesi. Basta, non c’è altra spiegazione”.
Lei ha sostenuto che anche la città è responsabile della tragedia del Monte dei Paschi…
“Ma certamente. Alla base dei problemi di questa città ci sono l’orgoglio smisurato e il senso di superiorità, ma quello che più rileva è il peccato di narcisismo, che impedisce una sana autocritica. Il senese ancora non si rende conto che mezza Italia ride di Siena, no lui continua a pensare di vivere nella città meglio amministrata del mondo. La realtà invece è completamente diversa. Qui viviamo in una specie di mafia, intesa come fenomeno socio-culturale”.
“A Siena i giornali, se non pubblicano certe cose o se non parlano delle vicende di Fontani non è perché glielo impongono, lo capiscono da soli. Lo fanno perché sanno che i potenti di Siena vogliono il silenzio, lo intuiscono e fanno loro un dono. E’ qui il bello, o meglio il brutto della città. Siccome Fontani è un personaggio oltremodo scomodo ti faccio un omaggio, non ne parlo.
Ho già riferito del detto di Siena che è la quintessenza della mafiosità: “Chi gode Siena e poi ne dice male deve fare la fine del maiale”. E’ vero, io sto facendo la fine del maiale. Io sto facendo quella fine. Qui, diversamente da dove impera Cosa Nostra, non finisci sotto terra, però finisci diseredato, senza lavoro, senza giustizia, isolato, senza verità, senza niente. Vuol dire che Siena non la puoi criticare, perché “noi siamo i meglio del mondo”, ne devi sempre parlare bene a prescindere. Laudatores, ecco la funzione assolta dai media senesi.
Lo sa che l’articolo della Nazione sul mio licenziamento non riporta il mio nome? Nessuna notizia sui giornali dei due Comitati Pubblici pro Fontani sorti dopo il mio licenziamento, dei due appelli scritti dal Difensore Civico per chiedere l’annullamento del provvedimento. Il PUS esige un controllo totale e i media non possono sottrarsi a questo principio. Ringrazio quindi di cuore il Cittadino online per questo spazio di libertà che mi concede”.
Lei utilizza i termini “mafia” ed “omertà” a Siena…
“Quando parlo di mafia in questo contesto mi riferisco ad uno specifico atteggiamento socio-culturale e non certo al fenomeno tipico di Cosa Nostra e questo concetto è stato espresso da più parti. Ad esempio, una giornalista Rai che seguiva il processo Mps ebbe a dirmi: “Io sono di Palermo, ma un’omertà come quella percepita a Siena io non l’ho vista nemmeno nella mia città”.
Le faccio un esempio. Su 130 docenti una sola si è prestata a provocare il mio licenziamento, ma nessuno degli altri 129 ha avuto il coraggio di indirizzarmi una riga di appoggio.
Le dirò di più, ai due scioperi nazionali per il mio caso cui hanno partecipato molte migliaia di docenti, solo uno di Siena era presente. La vivi dappertutto in città questa omertà. Quando ti metti contro i potenti, anche i tuoi migliori amici ti abbandonano, ti isolano. Hanno la paura dentro, tanti miei colleghi e genitori qui ad Asciano me lo confessano. C’è un’aria qui a Siena e in provincia che se uno ci sta un pò ti ammorba; l’ipocrisia, la vigliaccheria, la piaggeria che ti circondano ti fanno diventare senese anche te”.
Ha trovato qualche altro coraggioso in armi?
“C’era allora soltanto il professor Raffaele Ascheri, il quale mi riconosce una sorta di primogenitura. Mi vide per la prima volta quando mi incatenai per protesta, in modo simbolico, dinanzi alla mia scuola l’8 settembre del 2005, in occasione del mio trasferimento coattivo. Qualche tempo dopo mi disse di aver pensato: “Ma chi è questo matto che si incatena?”. Da lui, che ha conosciuto il pugno di ferro senese, ho sempre ricevuto solidarietà anche pubblicamente. Ora, come ho già detto, c’è a Siena un Comitato-Fontani che appoggia le mie battaglie”.
Lei chi è in realtà: un “prigioniero politico”, un perseguitato, oppure un Don Chisciotte?
“Sono un uomo che, per non cedere alle ingiustizie, sta facendo una vita al limite della sopportazione. Sono perseguitato dalla scuola da 13 anni e da altrettanti anni mi viene negata giustizia. Ho perso tutto: la famiglia, la reputazione, la soddisfazione di un lavoro che mi ha sempre gratificato (bambini e genitori/nonni mi hanno sempre amato, stimato, sostenuto e difeso), i risparmi ed infine lo stipendio, unica fonte di sostentamento.
Oltre a ciò sono discriminato, censurato dai giornali senesi: pensi che da 10 anni ho 14 spazi fissi all’anno sulla Rai e uno spazio all’inaugurazione regionale dell’Anno Giudiziario presso la Corte di Appello di Firenze in qualità di Fondatore del “Comitato Nazionale contro Mobbing-Bossing Scolastico”. Ho rilasciato numerose interviste a giornali nazionali e a Radio e TV primarie, la mia vicenda è arrivata al Governo e al Parlamento italiano grazie a ben nove tra interrogazioni e audizioni parlamentari. Ma a Siena Fontani non viene neppure nominato e la sua vicenda è completamente oscurata. Fontani civilmente non esiste, è un uomo morto. Qui non ti sparano, ma ti condannano alla morte civile. I personaggi scomodi vengono oscurati perchè qualsiasi voce dissonante viene ritenuta pericolosa, tanto più se solitaria e quindi incontrollabile”.
Quale ruolo ha svolto la Chiesa?
“Purtroppo anch’essa ha fatto parte a pieno titolo del Sistema Siena. La curia ha nominato per anni un componente della Fondazione del Monte, ma non si è mai sentito qualcuno tuonare contro la Massoneria e i poteri occulti: il Sistema ha aggrovigliato, narcotizzato pure la voce della Chiesa. Ricordo che al processo contro Don Acampa il suo difensore era l’avvocato Giuseppe Mussari, all’epoca presidente del Monte e dell’ABI”.
Lei incolpa i senesi per l’“esproprio” del Monte. Pensa che la lezione possa essere servita?
“Quando mai. A Siena manca il senso del pensare e del dire liberamente, mi spiace dirlo, ma i senesi sono servi sciocchi. La senesità è terribile: quando percorro le strade del centro sento una pesante cappa d’omertà e d’ipocrisia nell’aria: qui le persone libere si contano sulle dita di una mano. Ma lo sa che nel 2009 quando io e Raffaele Ascheri organizzammo una manifestazione in Piazza Tolomei per protestare contro l’omertà della stampa senese asservita al PUS si fecero vedere a malapena dieci persone?
Qui se combatti contro le ingiustizie diventi un bersaglio inerme, abbandonato e discriminato da tutti. A Siena manca la libertà”.
(Fine)