di Andrea Pagliantini
SIENA. C’era una volta un paese presuntuoso che voleva spezzare le reni al mondo e invece andava a giro con le scarpe di cartone, le fasce gambiere, beveva surrogato e illusioni.
Le macerie di quel mondo erano macerie reali di città e il primo riscatto venne da un non più tanto ragazzo fiorentino che aveva tutto da rifare, con un naso triste come una salita e “con tanta strada nei suoi sandali, quanta ne avrà fatta Bartali”.
Devoto, così devoto che, ex voto per grazia ricevuta (o più propriamente omaggio) al suo caro amico prete di Santa Petronilla, andarono delle maglie preziose: due lane gialle, con le quali Gino Bartali passò primo al traguardo nel “Tour de France” del 1938 e del 1948 (quando il paese stava per insorgere a seguito dell’attentato a Palmiro Togliatti) l’altra, tricolore, del suo terzo Campionato Italiano.
Di recente sono state restaurate, poste in teche diverse, stese e lavate così tanto da risultare luminescenti, ma con quel pizzico di fascino in meno che lascia la carezza del tempo e lo stare in disparte, fuori dai riflettori, come si conviene a un ex voto, come si conviene a un lascito discreto, perchè – come diceva il grande Gino Bartali – :” Il bene si fà, ma un si dice”.