di Silvana Biasutti
SIENA. È abbastanza ovvio, per gli italiani, essere in questi giorni distratti dal significato dell’elezione del nuovo presidente americano; non è altrettanto ovvio che lo siano i media (al di là delle cronache di giornata: sempre più ricche di immagini). E non è che i media siano solo intenti a occuparsi seriamente delle sciagure dolorosissime e a un’analisi utile per un futuro (anche immediato) che dovrebbe avere come vero obiettivo la prevenzione e – ove non possibile – la messa in opera di un sistema organizzativo che sia contemporaneamente al riparo dalla corruzione (micro e macro) e rispondente a un’efficienza attualmente sopperita solo da eroismi (notevoli) di uomini appartenenti ad alcune istituzioni, ma anche volontari.
Mentre si possono leggere sui social media le criticatissime post-verità (come l’abolizione della copertura sanitaria alla cataratta – che non ho ancora capito se sia o meno una bufala –), allo stesso tempo appare radicato e diffuso un sentimento di rancore che lascia troppo spazio a disinformazione e sentimenti di bassissima lega.
Ma si potrà fare qualcosa di pratico e di attuabile per rimediare a qualcosa? Non certo per ripararsi dalle conseguenze dell’elezione americana – anche se sarebbe urgente avere certezza che in Europa ci sia un pensiero, a quel riguardo, che vada oltre gli interessi dei partiti, delle correnti e quelli personali dei nostri rappresentanti. ‘Nostri’ in quanto di tutti i paesi, non solo dell’Italia, che in questo momento non può alzare troppo la testa se non per asciugarsi le lacrime, incluse quelle di coccodrillo …
No, quando mi chiedo ‘se’ in qualche contesto si può ripulire il pensiero dalle varie speculazioni – ivi incluse quelle giornalistiche – è per vedere se si possono sanare alcune ‘piccole’ situazioni che sono state artatamente lasciate nell’ambiguità, forse per coprire interessi politici o/e economici di qualche “stakeholder” che non avrebbe il diritto di esserlo.
La prima cosa che mi viene in mente è la parola ‘turbina’, intendendo quella di cui ho letto che era in dotazione a una Provincia (intesa come ente), ma che essendo in panne non poteva essere riparata perché mancavano le risorse economiche per farlo.
Non so e non posso giudicare se – nel caso la suddetta turbina fosse stata efficiente – si sarebbe evitata la sciagura che ci sta tenendo insonni e impotenti nel nostro letto in queste notti angosciate; so che “la Provincia aveva in dotazione una turbina purtroppo guasta e mancano le risorse per aggiustarla”, in un momento in cui essa era (sarebbe stata) utile e indispensabile.
Non può non saltare all’occhio di tutti quelli che non si preoccupano solo dei propri esclusivi, piccoli o grandi, interessi che le Province – in quanto enti pubblici – siano, ad arte, lasciate nell’ambiguità.
L’ambiguità non è solo una categoria del pensiero: in questo caso è anche il prodromo di altre sciagure dove il giornalismo contemporaneo potrà continuare a richiamarsi ai sentimenti più bassi di una Nazione stremata, anche (forse soprattutto) culturalmente.
Faccio un esempio che ci tocca tutti: strade e viabilità sono uno dei principali settori presidiato dalle Province. Vivo in una provincia della cui viabilità – del modo in cui era curata e accudita – ho avuto occasione di vantarmi e di portare ad esempio. Però, da quando le Province – intese come enti – sono state “abolite” gli uffici addetti al settore che vi sto descrivendo non hanno più risorse. Gli uffici esistono – anche se gli organici spesso non sono ripristinati – gli stipendi corrono, ma i soldi per far lavorare chi si occupa delle condizioni delle strade non ci sono. Chi dovrebbe erogarli? Oppure chi dovrebbe supplire alle Province abolite nella cura delle strade?
Le domande relative a questa situazione sono drammatiche, eppure restano senza risposta; anche se la situazione del buon mantenimento delle strade è strategico per il nostro paese.
Prima che ce lo ricordasse la tragedia di Rigopiano ho avuto l’occasione di parlare con un capo cantoniere (ruolo tutt’ora in capo alla Provincia) con cui mi sono lamentata per lo stato di pericolosità in cui versano le strade del senese – una volta così impeccabilmente mantenute –. Gli ho detto dell’assenza di segnaletica orizzontale che di notte mette a rischio la capacità di distinguere la carreggiata; gli ho segnalato qualcosa che lui mi ha mostrato di conoscere benissimo: le buche sempre più profonde, i cedimenti pericolosissimi di parti della carreggiata, la cartellonistica nascosta dalla vegetazione incolta ai lati delle carreggiate, le frane in essere o imminenti (di cui si vedono i segni), la situazione del manto stradale foriera di gravi incidenti.
Ho avuto in risposta che mancano le risorse economiche per eseguire quella manutenzione indispensabile e la consapevolezza (del cantoniere capo) accompagnata dall’inevitabile frustrazione di chi è (o forse era) orgoglioso del proprio lavoro; la conoscenza, precisa alla singola buca, delle urgenze; l’informazione che un ‘finanziamento’ dei lavori stradali proviene dagli autovelox installati dai comuni (notevole, a questo proposito, quello di Buonconvento!); una considerazione sui costi delle Province comparati con quelli dei parlamenti regionali (!!!) e rispettive funzioni messe a paragone; e infine una considerazione che più che da cantoniere capo dovrebbe essere presente nei pensieri di tutti gli amministratori che si occupano di turismo.
Un paese che conta sempre di più sul turismo, per mantenere la propria barcollante contabilità, come si presenta ai turisti – e non solo alle grandi compagnie degli operatori, che magari le tasse poi le pagano all’estero – e ai colti (così li vorremmo) visitatori che dovrebbero venire ad assaggiare e a visitare il nostro ex bel paese?!
Abitando in una provincia che coincide con vini galatticamente noti, cibo rinomato, bellezze paesaggistiche e paesistiche, arte diffusa – dentro e fuori da musei e luoghi di culto – non posso che rimanere preoccupata in attesa di qualche tragedia che evidenzierà quanto fossero fondate queste preoccupazioni.
Eppure non ci vuole molto a fare chiarezza sulle Province, i loro compiti (in essere o passati ad altri), e le responsabilità nell’ambito di un settore strategico per la sicurezza delle persone, l’operatività del paese Italia e il futuro del turismo. La mia domanda è: chi si occupa della manutenzione delle strade?
