Supportato da Italexit, spiega la propria discesa in campo
a cura di Augusto Mattioli
SIENA. Per conoscere meglio i candidati alle elezioni suppletive di ottobre il nostro quotidiano ha deciso di stilare un elenco di domande (uguali per tutti i candidati) ed inviarle agli interessati, chiedendo loro di rendere chiara la loro posizione. Oggi è il turno di Mauro Aurigi, candidato da Italexit.
Perché ha deciso di candidarsi alle suppletive?
Non ho deciso io, ma me l’ha chiesto Paragone. Il fatto è che lui è stato l’unico politico che si è riconosciuto nel programma che il Comitato per la difesa del Monte ha stilato. Sono 11/12 mesi che abbiamo cercato di parlare con Giani e con De Mossi. Non ci hanno neanche risposto, nonostante le nostre insistenze. Da notare che nei programmi elettorali dei due politici non siamo riusciti a trovare neanche un pur minimo accenno al Monte. E pensare che questo è il problema più importante di tutta la Regione! Possiamo bene immaginare con quanta passione si dedicheranno alla soluzione di altri e meno importanti problemi. Abbiamo anche cercato un incontro con tutti i sindacati dei lavoratori del Monte, con lo stesso successo. Insomma anche i cittadini paiono disinteressati, nella loro stragrande maggioranza e nonostante che abbiamo fatto girare per quanto possibile l’allegato.
Allora, volenti o nolenti, come non puntare su Paragone, quali che siano i suoi altri obiettivi politici, tenuto anche conto che il primo e più importante obiettivo di Italexit è da una parte l’applicazione rigorosa della Costituzione, e dall’altra l’uscita dal sistema UE/Euro che sta soffocando il nostro Paese e che qui ora sarebbe troppo lungo e complicato esaminare.
In sintesi, qual è il suo programma elettorale e come pensa di svilupparlo?
Quanto sopra risponde anche al secondo quesito
Qual è la sua “ricetta” per il Monte dei Paschi?
La “ricetta” per il Monte, ovviamente la si può trovare qui
E per la infrastrutture?
Non ho una ricetta per le infrastrutture o, meglio, nessuna ricetta di alcun individuo può essere ritenuta valida. Le infrastrutture hanno un carattere così profondamente pubblico e sociale che ogni decisione in proposito deve dipendere dalla comunità. Purtroppo – e questa è la mia battaglia – in Italia, si usa con grande frequenza il termine “classe dirigente”, senza rendersi conto che ciò la dice lunga sul persistente carattere fascista della nostra cultura politica. Perché la classe dirigente è né più né meno che quel gruppo ristrettissimo di cittadini, nella sostanza quasi totalmente eletti a vita, che ha le redini del potere ossia che ha il potere di comandare, (veri e propri mercenari della politica), mentre sulla gran massa dei cittadini grava il dovere dell’obbedienza. Insomma in democrazia una “classe dirigente politica” non può avere alcun diritto di cittadinanza. E comunque ogni decisione a proposito di “infrastrutture” non può che essere collettiva. Bisogna riflettere sul fatto che in Germania (paese a maggiore civismo morale del nostro, i colletti bianchi (ossia la “classe dirigente”) sono il 20% della popolazione carceraria, mentre in Italia, paese ben più corrotto, sono solo il 2% (ma secondo una stima recente, sarebbero lo 0,47%). Insomma, in concreto, da noi la sedicente corrotta “classe dirigente” gode o, meglio, si è riconosciuta una sostanziale immunità penale!
Quali sono i suoi punti di forza?
Il mio punto di forza è uno solo: far capire che la nostra Costituzione, in fatto di democrazia, è profondamente violata. Basti pensare che si continua a pensare che la nostra sia una democrazia perché al popolo (“sovrano”!) sono concessi ogni 5 anni ben 4 o 5 minuti, ossia il tempo strettamente necessario per mettere un aio di croci su nominativi selezionati dai partiti. Dopodiché non ha più alcun diritto di potere democratico. Quindi questa non è una democrazia. E non lo sarà fino a quando non si sarà raggiunto il riconoscimento al diritto alla generalizzazione del sistema referendario senza quorum. E ciò come nelle democrazie più avanzate del mondo. Sembra sfuggirci sempre che quelle democrazie non sono solo le democrazie eticamente più avanzate (libertà, indipendenza, giustizia ecc.) ma anche quelle più prospere economicamente.
Quali sono le debolezze dei suoi avversari?
Le debolezze dei miei avversari, sono principalmente una sola: l’ambizione sguaiata a conquistare (o a conservare) una poltrona nella “classe dirigente”. Ma questa diventerà davvero una debolezza solo se e quando il popolo si convincerà di quanto detto sopra al punto 5.
Realisticamente, qual è la percentuale di successo della sua candidatura?
La mia/nostra candidatura non mira a conquistare una “percentuale di successo”, ossia una poltrona tra quelli della “classe dirigente”, ma mira al successo dei principi di cui sopra (altrimenti saremmo in profonda contraddizione con noi stessi)