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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Gasparro, Peccianti e l’antisemitismo

La nota del pittore del Palio e la lettera aperta dell'avvocato

SIENA. Pubblichiamo integralmente la nota a firma di Giovanni Gasparro, che ha realizzato a luglio il drappellone del Palio di Siena.

“Sconcertato dal clamore che in questi giorni hanno suscitato alcuni articoli riguardanti la mia persona ed il mio privato, pubblicati da alcuni giornali locali, in Toscana, tuttavia, in primis, riferisco che con il Sindaco di Siena Nicoletta Fabio, non ho mai avuto modo di parlare dell’annosa vicenda giudiziaria che mi vede coinvolto. Questo perché non antepongo mai le questioni private a quelle professionali e la vicenda era già di dominio pubblico. Non sono stato condannato e, sino a sentenza definitiva, passata in giudicato, sarò un cittadino italiano, libero ed innocente. Il Sindaco mi ha scelto come pittore del Drappellone del Palio di luglio per il mio percorso e le mie peculiarità artistiche. Sicché, appare evidentemente pretestuoso insinuare (o volgarmente sostenere) che la Professoressa Fabio mi abbia voluto per la carriera di Provenzano, in quanto sindaco di “destra”, sibilando, all’orecchio dei lettori, un’equazione da manuale dei luoghi comuni: politici di destra = antisemitismo.

La città ha accolto, pressocché unanimemente, il mio Drappellone, dedicato alla Madonna di Provenzano, con un’ovazione ed affetto che ha sorpreso tutti, me per primo, con attestazioni di stima entusiastiche, applausi interminabili, interviste e paginoni dai toni trionfanti, anche con risonanza nazionale ed internazionale. Dispiace che ora, un gruppo sparuto di persone, alcune delle quali animate da ideologia politica e surreali rigurgiti anticlericali, voglia macchiare un’opera ed una commissione comunale così pulita, limpida ed onesta. Ho dedicato a Siena e al Palio lunghissimi mesi con spirito di abnegazione e grande acribia di studio, a titolo gratuito, accantonando decine di commissioni altrettanto importanti, anche internazionali. Si è scomodato (troppa grazia!) persino l’ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia, il vertice della Massoneria, per questa inqualificabile campagna d’odio nei miei confronti. I miei detrattori, palesemente “informati” da qualcuno estraneo alla Procura ma tecnicamente in possesso dei dati relativi al processo ed in cerca di clamore a basso costo, hanno puntato i riflettori sul procedimento pendente a Bari. Invece, gli stessi, si guardano bene dal riportare che il Gip del Tribunale di Milano, a seguito di una querela sporta dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica e dall’Associazione Italiana Giuristi ed Avvocati Ebrei del capoluogo lombardo, in accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero, con ordinanza del 25 marzo 2022, ha archiviato, per infondatezza della notizia di reato, il procedimento incardinatosi a mio carico, per il reato di cui all’art.604 bis del Codice Penale in riferimento alla pubblicazione dell’opera denominata “Martirio di San Simonino da Trento”. Nella stessa ordinanza si legge che “le integrazioni di indagine individuate dalla persona offesa, debbano ritenersi superflue e non ammissibili” e “la condotta del Gasparro, non rilevante penalmente, ma libero esercizio del diritto di espressione dello stesso”. Si legge ancora che “la diffusione via internet dell’opera non può ritenersi condotta istigatrice dell’odio razziale o etnico, ma rilevante solo dal punto di vista estetico, non rivestendo rilievo informativo.” Nel medesimo provvedimento, il Giudice afferma che il mio dipinto che ritrae il “Martirio di san Simonino di Trento” non può considerarsi un’opera antisemita e ciò, persino a prescindere dalla veridicità storica dell’episodio effigiato (ammesso e non concesso) del martirio del piccolo Simone. Quindi, in termini giudiziari, la realizzazione del dipinto e la sua diffusione rappresentano comportamenti leciti. Ma questo, ai senesi, e non solo a loro, è stato artatamente taciuto dalla stampa e da coloro i quali hanno rilasciato le interviste. Segnalo, altresì, che per quest’opera dipinta nel 2019, sono stato bersaglio di minacce, anche di morte, pervenutemi in tutte le lingue e su tutti i miei canali di comunicazione. Conservo, con immutata e profonda sofferenza dell’animo, tutte le documentazioni di tali ignobili e delittuosi messaggi. Hanno provato ad hackerare i miei siti web, a farmi revocare i premi internazionali vinti, limitare le mie partecipazioni a concorsi e commissioni pubbliche e private, a togliere le mie pale dagli altari delle chiese. Sono stato persino pedinato, allorquando mi trovavo nei paraggi e persino nella cattedrale di Bari. Una damnatio memoriae ed una campagna diffamatoria a mezzo stampa, d’odio e persecutoria, inaudita. Tuttavia, proprio per non esacerbare gli animi, per quattro lunghi anni, ho volutamente negato ogni intervista al riguardo, anche a testate nazionali, o addirittura statunitensi, israeliane e di altri Paesi. Ho subito ogni forma di umiliazione, sono stato portato in Questura per l’interrogatorio della Digos, giunta nella mia casa di Adelfia, come un volgare criminale, in pieno lockdown, in una Bari totalmente deserta, allontanandomi da mia madre, in gravi condizioni di salute, a casa. Eppure, non ho intrapreso, allo stato, alcuna iniziativa a mia tutela, sempre nell’ingenua speranza di sedare le polemiche e potermi dedicare alla mia pittura e ai miei gravissimi problemi familiari. Oltretutto, si è perseguita una strumentale interpretazione del contenuto della mia opera, che invece, ha un carattere esclusivamente artistico e devozionale, come centinaia di altre mie creazioni, fruibili pubblicamente in tutto il mondo e sul web, assolutamente scevro del benché più recondito sentimento di odio razziale nei confronti di chicchessia, comprese le comunità ebraiche. In tutta coscienza, posso quindi affermare di non nutrire oggi e di non aver mai nutrito alcun sentimento negativo verso chi professa un culto diverso dal mio e senza avere la pretesa di imporre la mia fede con la coercizione e la violenza. Né istigo gli altri a farlo. Sono semplicemente un pittore cattolico che si cimenta prevalentemente con l’arte sacra, non faccio politica, non l’ho mai fatta, né voglio farla. Non parteggio per alcuna forza politica italiana. Dipingo scene evangeliche, mistiche e di santi ed anche di quelli che furono martirizzati, indipendentemente da chi ne determinò il martirio. Del resto, tanti artisti d’arte sacra del passato e del presente, col proprio stile e nelle proprie valenze iconografiche ed iconologiche, hanno raffigurato tutto ciò, con le mie stesse finalità e modalità. Questo dunque non fa di me un propagatore di “odio” verso i pagani romani, gli ariani, gli anglicani Tudor elisabettiani, i luterani o i musulmani, tanto quanto non mi qualifica come antisemita.

Mi pare, quindi, oltremodo surreale che si possa sostenere l’assioma per cui, l’aver dipinto la narrazione storica del “martirio di San Simonino da Trento”, secondo una tradizione iconografica lunga ben cinque secoli, così com’è, a tutt’ oggi, visibile nei musei e nelle chiese di mezza Italia, oltre che nelle edicole devozionali presenti nella stessa città di Trento, possa essere considerato un messaggio antisemita. Questa operazione sinergica di dileggiamento nei confronti della mia opera e della mia persona, che promana da più fronti, mi pare, quindi, lesiva della mia libertà di pensiero ed artistica, oltre che diffamatoria. Attribuire al sottoscritto la sottesa volontà che un dipinto che ritragga un fatto storico ovvero la narrazione che ne è stata resa, possa costituire uno sprone per atti d’odio è pretestuosa, è un processo alle intenzioni, è una limitazione alle mie più elementari libertà di cittadino italiano, di pensatore, di artista, di uomo, tutte tutelate dal nostro ordinamento giuridico e da quello internazionale. Sul piano storico, circa la morte di San Simonino, non sono io la persona più accreditata ad esprimersi con rigore scientifico e, pertanto, non lo farò. Posso solo registrare, contrariamente a quanto asserito monoliticamente dai miei detrattori senesi e dai miei querelanti, già citati dalla stampa (il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni e la Presidente dell’UCEI – Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, che si sono costituiti parte civile), che, sulla questione storica, i pareri non sono affatto unanimi, bensì fortemente discordanti sia nell’alveo degli storici cattolici che fra quelli ebraici. Negli articoli diffamatori di questi giorni, si fa menzione dei miei commenti pubblicati a corredo delle foto del dipinto di san Simonino. In uno di questi avrei scritto “Tutti siamo disgustati dall’orrore di Auschwitz”. Ebbene, quale antisemita sarebbe “disgustato” dai campi di sterminio nazisti? Ed ancora, i giornalisti e gli intervistati sulla Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, Corriere di Siena, La Nazione, La Repubblica – Firenze, ecc, omettono di menzionare l’altro “commento” attribuitomi sui social, per cui sono stato rinviato a giudizio, nel capoluogo pugliese, dal GIP, ovvero la citazione del libro “Pasque di sangue” (Ed. Il Mulino) di Ariel Toaff, Professore di Storia del Medioevo e del Rinascimento all’Università di Tel Aviv, in Israele, nonché figlio dell’ex Rabbino Capo di Roma Elio. Ebbene costui, ebreo, prestigioso storico e docente universitario autore di numerose pubblicazioni su questi temi, ha fornito un’analisi storico – scientifica che fornisce preziosi elementi di valutazione sulla ricostruzione storica che è stata data agli eventi sopra menzionati. Ma non mi risulta che per questo il prof. Toaff abbia dovuto subire un procedimento penale. Il notissimo storico cattolico Franco Cardini, sulle pagine di Avvenire del primo febbraio del 2001, definì il libro di Toaff “una ricerca storica metodologicamente esemplare, appoggiata alle fonti autentiche e alla più aggiornata letteratura critica, ma compie anche un atto di onestà intellettuale”. Temo non sarà più possibile per me e per molti altri artisti dipingere queste iconografie storiche, esporle e pubblicarle con commenti didascalici ed esplicativi, perché sarebbero suscettibili di accuse di antisemitismo. Oltretutto in un Paese come l’Italia, in cui alle biennali d’arte, nei musei e in numerosissime altre esposizioni si dileggia “artisticamente” ed impunemente il Cattolicesimo, con Crocifissi immersi nelle urine, Madonne blasfeme e rivisitazioni dell’Ultima cena che offendono i sentimenti di fede del singolo credente cristiano. Il Drappellone stesso del Palio di Siena, talvolta non è stato benedetto dall’Arcivescovo proprio perché le immagini mariane erano al limite della blasfemia, eppure nessuno si è mai sognato di querelarne gli autori. Io, invece, sono stato rinviato a giudizio per aver dipinto il “Martirio di San Simonino da Trento”. Solo ed esclusivamente per questo, sono esposto al pubblico ludibrio e ad un processo penale per istigazione all’odio razziale, e cioè per condotte perseguite dalla legge Mancino, che si applica tradizionalmente ai nazifascisti, ma nel mio caso per un presunto reato d’opinione ed aver citato il libro scritto da un docente universitario ebreo che affronta il medesimo tema.

Questo episodio costituisce un precedente perniciosissimo e di una gravità inaudita perché blinda qualsiasi libera manifestazione di libertà e di indagine scientifica. E lo studio deve essere libero da ogni coercizione ideologica, giudiziaria e legalistica. Nessuno vorrebbe vivere in un Paese in cui qualsiasi dissenso venga bollato con marchi d’infamia come quelli di razzista ed antisemita. Se non si possono confutare le tesi intellettuali, come noto, si perseguita la persona e si distruggono le opere, modalità tipica dei regimi totalitari fascisti e comunisti. Anche opere pittoriche, fisicamente o mediaticamente. Perché i dipinti non sono oggetti d’arredamento ma opere dell’intelletto.

Neanche la dedica all’80° anniversario della Liberazione di Siena dal nazifascismo, apposta in lettere d’oro cubitali, all’apice del mio Drappellone del Palio, è servita a placare chi, a Siena, mi aveva già condannato ed incasellato ideologicamente. Ho salutato il capoluogo toscano con i contradaioli (non solo del’Onda, vincitrice del Palio) che mi abbracciavano tributandomi gratitudine, stima ed affetto, gridavano quasi al miracolo per il Drappellone “dipinto di luce e oro” rimasto asciutto sotto la pioggia scrosciante. Questo mi conforta e mi basta. Resto, invece, profondamente rammaricato per questa campagna livorosa nei miei confronti. Non sono mancate commoventi attestazioni di vicinanza, stima e solidarietà, seppure in privato. Attendo e spero che qualcuno voglia farlo anche pubblicamente perché questo episodio di bieca censura e caccia alle streghe, mediatica e giudiziaria, getta un’ombra sinistra sulla libertà di tutti i senesi e degli italiani, non solo la mia. Perché oltre l’artista c’è un uomo”.

La lettera aperta di Luciano Peccianti per Idee in Comune

“Gent.mo Maestro,
perdurando l’assenza di dichiarazioni da parte di Nicoletta Fabio abbiamo letto su La Nazione la Sua autodifesa. Già il titolo “Gasparro si difende “A Milano l’accusa è stata archiviata” fa presupporre che Lei non abbia alcuna intenzione di rispondere alle reali questioni sollevate che sono molto precise: A) il Suo Martirio di San Simonino da Trento, al di là della qualità artistica, ha un contenuto oggettivamente antisemita? B) Nicoletta Fabio, che afferma di conoscere da tempo le sue
opere, era a conoscenza della riprovazione che il dipinto aveva generato?
Lei non risponde né all’uno, né all’altro quesito e, forse su suggerimento dei suoi legali, tenta di spostare tutto .sul piano giudiziario. Ora i giudici, com’è noto, sono ovviamente chiamati a valutare se è stata commessa una violazione della legge penale e giammai (per fortuna e, comunque, non ancora) ad analizzare le opinioni, per quanto aberranti esse siano, come, appunto, l’antisemitismo.
Del resto può essere certo che siano assai poche le persone interessate ad una sua condanna e che siano invece molte quelle che, avendo grosso modo l’impressione che Il Martirio di San Simonino da Trento esprima sentimenti antisemiti, vorrebbero capire se Lei nutre tali ideologie e se Nicoletta Fabio ne fosse o meno a conoscenza quando Le ha affidato l’incarico.
Lei, inoltre, secondo quanto riporta l’articolo citato (oggi anche il Corriere di Siena pubblica la Sua autodifesa mettendo in rilievo il ruolo vittimistico che Lei ha ritenuto di assumere) svolge altre considerazioni che decisamente contestiamo:
• Lei dichiara di non aver mai parlato con la Committente “dell’annosa vicenda giudiziaria” (che tuttavia definisce “di dominio pubblico): ecco, a nostro avviso ha fatto male a non parlarne e, comunque, il non averne parlato, da un lato, non significa affatto che la Sindaca non la conoscesse e, dall’altro, denoterebbe semmai la sua volontà di nasconderla;
• la questione dell’accusa a Lei rivolta non riguarda affatto la sua sfera personale, ma, essendo la sua opera destinata al pubblico (con sua personale diffusione via internet) attiene esattamente alla sfera pubblica e professionale;
• secondo la comune esperienza storicamente consolidata risulta pacificamente che, di larga preferenza e tradizione, l’antisemitismo sia una ideologia tipicamente “di destra”;
• il generale e condivisibile gradimento dei senesi per il Cencio di luglio non c’entra nulla con l’antisemitismo e, perciò, risulta abbastanza incomprensibile che sia Lei a voler ricollegare al Palio una storia che riguarda esclusivamente il dipinto di San Simonino da Trento e, in sede istituzionale, le buone pratiche di governo.
Coi migliori saluti”.

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