di Red
SIENA. E’ innegabile che tutto quello che è successo all’interno del Monte dei Paschi negli ultimi sei anni della presidenza Mussari, tra il 2006 e il 2012, sia stato un accumularsi di scelte folli, probabilmente condizionate da equilibri esterni che nulla avevano a che fare con la conduzione di una banca, dalla presenza di affaristi perfino dentro il CdA e non ultimo dalla mobbizzazione e/o il licenziamento di quei pochi che all’interno della banca prendevano consapevolezza di quanto stava accadendo, e avevano pure la sfrontatezza di dirlo.
Se per costoro può essere una ragione di soddisfazione e mitigazione dei danni subìti (per i quali nessuno pagherà nulla), con la sentenza n. 17689 del 31 maggio 2022 la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di diritto di critica e relativi limiti, analizzando la legittimità del licenziamento per giusta causa di un suo dirigente non “fedele alla linea”.
Lo racconta Marco De Bellis su Milano Finanza (https://www.milanofinanza.it/news/i-manager-hanno-diritto-di-critica-2592259 ), in un articolo in cui si studia il caso di un dirigente che aveva fatto rilievi importanti e a suo giudizio rilevanti anche da un punto di vista penale in sede di CdA. Verificato che queste criticità erano inesistenti, l’azienda aveva provveduto al licenziamento per giusta causa trovando due tribunali, primo e secondo grado, ben disposti a darle ragione “sia perché le critiche erano risultate infondate sia perché espresse in una sede pubblica come il CdA e dunque “inopportuna”.
La Cassazione ha capovolto le due sentenze precedenti. Il diritto alla critica del manager è costituzionalmente prevalente (Art. 21) e il CdA non solo non è una sede pubblica, ma è, anzi, “il contesto più opportuno per manifestare il proprio dissenso”. La critica “è illecita quando il dirigente, con la piena consapevolezza della non veridicità di quanto denunciato, “accusi” il proprio datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso mai commessi, con intento meramente calunnatorio.” Altrimenti è sempre legittima e, nel caso del Monte dei Paschi, anche quando non rilevante penalmente, si è rivelata vera.
D’altra parte proprio l’incapacità nel ruolo che erano chiamati a coprire è stata la principale arma di difesa contro le contestazioni di cattiva gestione di troppi personaggi variamente coinvolti nel tracollo di MPS.