(e di turismo)
di Silvana Biasutti
SIENA. Dicono che in questa Italia che si sta sfaldando, i settori che danno segnali più positivi siano l’agricoltura e il turismo. Nell’agricoltura funzionano e girano i comparti dei grandi vini e in generale quei prodotti tipici che tutti insieme hanno reso famoso il nostro paese. (Se ogni giorno le mozzarelle di bufala volano a Tokyo ci sarà pure una ragione …). E la ‘tipicità’ di quei prodotti è però aggredita su due fronti – quello interno e nostrano, da truffe e falsificazioni (vedi extravergine) che minano la reputazione dei prodotti e della loro italianità; quello internazionale, dove la nostra stupidità ha concesso che l’italian sounding fatturi più del made in Italy.
Il turismo invece funziona, perché il nostro paese gode ancora di un traino d’immagine che ci viene da alcuni secoli di Grand Tour – quella specie di Erasmus di lusso che i giovani delle grandi famiglie d’Europa facevano alle soglie dell’età adulta … ma in un’Italia completamente diversa da quella in cui viviamo. Gli scritti, le opere, gli spartiti, le lettere e tutto l’indotto culturale cresciuto sulle esperienze di quei giovani, che venivano mandati in questo viaggio iniziatico, sono l’anima (la fodera) di una fama che, caro sindaco, sta perdendo la sua ragione di essere tale.
Infatti, chi ha memoria e magari anche un po’ di documentazione fotografica, non può non constatare che – con qualche eccezione – il Bel Paese ha bisogno di una energica “cura di bellezza”. Una cura radicale ma impossibile, di questi tempi; prima di tutto a causa della mancanza di visione da parte di chi dovrebbe averla (conosco una sola eccezione); contemporaneamente per la corruzione capillare generata da una altrettanto diffusa avidità (con numerose eccezioni, ma troppo poche per rimontare lo sfacelo morale generale); infine per la terribile situazione epocale in cui sta sprofondando il mondo che conoscevamo (Occorre ricordare la diaspora in corso? Oppure lo stillicidio di vendite e cessioni di marchi e beni che parlavano del nostro ‘saper fare’?).
Caro sindaco, vien da piangere pensando a quanta Italia – come se la immagina un turista mediamente informato – non c’è più: quanto sapere, quanta cultura, quanti prodotti, quanto paesaggio abbiamo perso o rovinato!
Ma piangere non serve e occorre reagire, soprattutto quando la reazione può aiutare a recuperare energia e risorse.
La proposta che faccio è piccola come un granello di sabbia e non pretende altro se non fare ciò che si può (e che si deve!) fare, attuando leggi e regolamenti e – soprattutto – ricavando qualche risorsa economica nel farlo.
Parlo di sporcizia e degrado, intendendo ciò che imbratta strade, boschi, monumenti e beni paesaggistici; parlo della cosa comune ricoperta di deiezioni, cartacce, bottiglie, e – soprattutto – di quella piccola cosa ammorbante che sono i mozziconi di sigarette che ricoprono anche le pavimentazioni più nobili e antiche.
Lei, caro sindaco, penserà che sto scoprendo l’acqua calda, che non leggo i giornali e non conosco la situazione di Roma … Sì in effetti sto scoprendo l’acqua calda, ma non sto scrivendo a proposito di raccolta differenziata (anche se sarebbe urgente farlo: non per criticare le aziende incaricate, ma per spalancare gli occhi sul senso civico dei cittadini).
No, sto solo pensando agli infiniti gesti incivili compiuti da cittadini e da turisti che imbrattano gettando gli avanzi dei loro consumi per terra; e penso ai vigili urbani e all’applicazione di quanto è riportato nell’articolo 5 del Regolamento di Polizia Municipale di Siena (ad esempio), che prevede sanzioni molto elevate – da 50 a 300 euro – e alle casse del suo Comune che potrebbe giovarsi dell’applicazione di tale regolamento e diventare un modello da imitare.
Penso anche a leggi e regolamenti che sanzionano i comportamenti che offendono la bellezza generally speaking, come stravaccarsi in una bella piazza italiana (prima che ce la ipotechino) e bersi una birra lasciando che il barattolo ormai vuoto rotoli qua e là sospinto dal vento pomeridiano e mangiarsi una pizzetta lasciando il cartoccio in loco (il famoso chilometro zero) e infine farsi una pippata e schiacciare il mozzicone sui mattoni secolari prima di svoltare l’angolo e liberare la vescica contro il palazzo il cui nome si legge nelle memorie di Goethe.
Non è questa l’Italia che vogliamo, né questo il turismo che ci porta verso il futuro; e il turismo è in forte aumento, sempre più gente viaggia (e beve birra, mangia pizzette, fuma e fa pipì).
Caro sindaco, perché non proviamo a riprenderci la nostra Italia (piazze, strade, boschi, paesaggio: i prodotti sono tutt’altro discorso) e a imporre a cittadini e turisti comportamenti più civili?
Farlo è facile e faticoso: facile perché basta applicare la legge; faticoso perché bisogna farlo. Ma invece di lamentarci e chiudere gli occhi di fronte alle nostre belle cose che si sciupano a colpi di pipì, perché non proviamo a farne un business (e a iniziare la cura di bellezza di cui sopra)?