Siena paga la supponenza dei tempi passati
di Augusto Mattioli
SIENA. “Ma che volete voi di Siena? Avevate il Monte dei Paschi e lo avete quasi fatto fallire”. Questa frase ce l’ha riferita una persona che per l’incarico che svolge ha rapporti con enti pubblici e privati fuori Siena.
A leggere bene oltre l’apparenza in questa osservazione sembra esserci una piccola (!) maligna soddisfazione, quasi una rivincita, dopo che nel periodo d’oro della Banca i senesi guardavano i non senesi dall’alto in basso, considerandoli dei poveracci. E con l’idea in testa che a Siena si faceva come ci pare. In parole povere “chi unnè di Siena schianti”.
Ed ora che il Monte non è più senese come prima, tocca andare con il cappello in mano fuori Siena a chiedere conforto e aiuto (perfino al Papa) per la crisi della ex Whirlpool tra poco anche ex Beko. Per non parlare dei tagli incentivanti alla Gsk o della crisi del commercio, come testimoniano i numerosi fondi sfitti in città.
Alzi la mano chi in questa difficile situazione non ha sospirato “Ah se il Monte fosse ancora nostro”. Magari a quelli che hanno fatto l’operazione Antonveneta saranno fischiate le orecchie. Quella operazione fu benedetta da tutto l’arco della politica italiana e senese, di destra, di centro e di sinistra, con l’eccezione di chi non faceva parte del cosiddetto “groviglio armonioso”.
Adesso tutti i nodi vengono al pettine e tocca ingoiare la vecchia supponenza, che ha attirato tanta invidia e voglia di rivalsa sulla città, oltre al maligno piacere di vedere una “nobile decaduta” giù dal piedestallo.