Appunti dalla visita elettorale del presidente della Toscana
di Silvana Biasutti
SIENA. Eravamo in Toscana. Anzi, in uno dei suoi luoghi più suggestivi; un piccolo cono che si erge nella valle che digrada verso la Maremma, i cui confini si attestano sulla sponda opposta dell’Orcia.
Se non fossi stata ben sveglia e consapevole della luce di maggio che tutto pervade, avantieri avrei potuto immaginare di essere in un racconto di Marquez, con la gente, silenziosa, schierata contro le mura esterne della chiesa – qualcuno con l’aria un po’ spaesata, quasi preso in contropiede, i carabinieri convinti e seri, un paio di donne che reggono una casa, e il silenzio, quel silenzio che ho ascoltato molte volte in questa piazza.
Ho saputo, quasi per caso, dell’arrivo del presidente della regione e dell’accoglienza che ci si prepara a fargli – un agguato con pasticcini e pizzette – e il nostro sindaco (scrivo ‘nostro’, perché alle sue spalle mi è capitato di apprezzarlo) che lo accoglierà e qui, anch’egli in attesa.
Si sa, è la politica, ma di questi tempi è bene non dare nulla per scontato.
Per esempio, un presidente di Regione che viene in visita pastorale (che fa rima con elettorale) a Montalcino, ma sceglie (o gli suggeriscono) una frazione molto ben frequentata da turisti curiosi e qualche volta perfino colti; con un’alta densità di tunisini, in proporzione agli abitanti; questi ultimi tutti vecchi, con poche eccezioni, e poi qualche polacco, una spruzzata di badanti e due ristoranti sopraffini.
Un’altra cosa poco scontata, che ho osservato con attenzione, è stato l’arrivo a piedi (in salita!), invece del macchinone autistato che arriva fino in piazza e magari parcheggia nell’unico posto autorizzato per i portatori di handicap: no, quel tipo di esibizionismo ora anche la politica (un po’ accorta) lo riserva ai nouveaux riches maleducati e un po’ coglioni (“ma esistono ancora i nouveaux riches?” “sì che esistono, anzi, ci sono dei vieux riches che si comportano come se non avessero mai avuto uno stuolo di tate che si affannavano a farli crescere beneducati; poi ci son quelli che fanno più affari ora che mai prima d’ora.”).
Giunge dunque in sordina, il presidente Rossi, però con questi due apprezzabili colpi di scena minimalisti. Però!
Mi ritrovo tra due sindaci di comuni limitrofi grossetani e la loro presenza viene sottolineata anche con un cenno sulla cessazione delle province, poi una critica (corretta, a mio avviso) al nuovo attributo ‘metropolitano’ appioppato ai capoluoghi di provincia e un’esortazione (corretta e urgente, a mio modo di vedere) a individuare forme di aggregazioni tra comuni omogenei tra di loro, per poter dare più servizi ai cittadini (per costare meno, io penso invece); poi via con elogi alle bellezze del territorio (e vorrei ben vedere). Ora c’è una fila di abitanti, uno accanto all’altro, in piedi, piuttosto lontano; altri (più ‘avventurosi’?) occupano le sedie che il ristorante di cui siamo ospiti ha disposto di fronte al tavolo da cui – introdotto dal sindaco – il presidente parla.
Mi ritrovo dunque con la mia domanda in gola e aspetto (noblesse oblige) che prendano parola un po’ di persone che sono nate qui e che son certa hanno da chiedere qualcosa.
Il sindaco ha un’allure davvero poco politica e va al sodo, stoppando con energia e garbo una questione un po’ volante sollevata da un’assessore (donna) su elicotteri e sanità. I volti dei cittadini sono illuminati da questo sole tiepido che induce alla contemplazione: il paesaggio (fino a tre anni fa totalmente sconosciuto alla politica) è stato evocato ad libitum e con aria giustamente pensierosa e attenta.
Ecco, non voglio essere polemica, è un obiettivo che ho adottato da qualche po’, da quando ho scoperto che la polemica fa teatro ma fa anche perdere tempo. Inoltre la polemica non verrebbe capita dai cittadini.
Però la mia domanda la devo proprio fare: la condisco di bon ton – perché mi piace che sia così, ma anche perché arrivi meglio e più chiaramente – . Dunque: abbiamo capito che il paesaggio è bello, anzi bellissimo, che è una risorsa anche economica (per me, prima ancora è un patrimonio di questi cittadini che se lo sono guadagnato coltivandolo); abbiamo acquisito che turismo e visite sono anch’essi un asset economico (per la politica pare esistano solo i soldi, e poi dicono di noi milanesi che siamo venali!); sappiamo soprattutto che il Brunello di Montalcino ha una sua reputazione mondiale (ancor di più perché nasce in questo paesaggio, la cui importanza mi pare proprio sia ormai nella testa di tutti); il paesaggio è stato messo sotto tutela dal PIT, con sforzi e impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti. Quindi che cosa succederà allo scadere della moratoria di sei mesi (che scadono dopo le elezioni, ma questo non lo dico, mi parrebbe ridondante: lo sanno tutti, anche lui, a cui pongo la domanda) sulle concessioni per la geotermia?
Ecco, la domanda è semplice e seria; specifico anche che il mio accento è lombardo ma voto qui (e qui pago salatissime tasse, che mi proteggono – spero – dall’invidia degli dei per stare in questo luogo ancora estremamente bello).
La risposta è lunga e politica e su buona parte di essa vola uno stormo di caccia decollati da Grosseto, ma credo non apposta, impedendo alla maggior parte di noi di capire ogni singola parola. Si capisce però che, con rammarico, lui sta dicendo che non tutto ciò che accadrà ci (in particolare, mi) piacerà: qualcosa non si potrà evitare, che cosa di preciso non ho ben capito. Tuttavia i caccia si allontanano, e smettono di romperci i timpani, proprio sulla frase conclusiva di essa risposta: “… certo non si può pensare di riempire di centrali queste valli!”: così conclude il presidente Rossi.
Riempire, no, ma qualcuna sì? Mi manca il cuore di chiederglielo all’istante, però sono totalmente appagata dall’intervento immadiato del presidente del consorzio del “Vino Brunello di Montalcino”, Fabrizio Bindocci, che nel porgere il suo benvenuto nel proprio luogo natio al presidente della regione Toscana, esordisce citando proprio la domanda che ho appena fatto, facendola sua e appropriandosene anche a nome e per conto dei produttori del magnifico vino.
Accantono dunque l’idea di procurarmi gli strumenti per combattere ‘sul campo’, accontentandomi del mio campo, quello delle idee. Certa come sono che i produttori difenderanno ciò che loro appartiene e che hanno (quasi) tutti capito essere il loro strumento di promozione più efficace: il paesaggio. Quello che ha ispirato musicisti e poeti, che consola il viandante alla ricerca del senso della vita, che ristora gli occhi e corrobora il vino, massimamente il Brunello di Montalcino che con il proprio paesaggio si identifica.
Ne vedremo delle belle?