Il cardinale Lojudice: "Non dimenticò mai i poveri"

SIENA. Prima Siena, poi Roma e poi di nuovo Siena in meno di una giornata per il cardinale Augusto Paolo Lojudice, impegnato in Vaticano, assieme agli altri porporati, nei preparativi del Conclave.
L’arcivescovo, nominato da Papa Francesco, è chiamato al suo primo voto. Ieri ha preso parte alla prima Congregazione dei cardinali, dove è stato fatto il giuramento. Dopo la preghiera in suffragio sono stati letti i paragrafi 12 e 13 della Universi Dominici Gregis (la costituzione apostolica circa la “Vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice). Quindi è stato letto il testamento di Papa Francesco. Oggi alle 17 la Congregazione si riunirà per la seconda volta.
Poi c’è stato il ritorno nel territorio delle due diocesi, per presiedere le messe per Papa Francesco. La prima si è tenuta nel pomeriggio nel Santuario della Madonna del rifugio a Sinalunga. La seconda si sta nel Duomo di Siena.
“L’ho detto a qualche confratello cardinale: non mettiamo ostacoli allo Spirito Santo. Lasciamo che agisca in noi, che ci illumini, affinché la Chiesa Cattolica trovi al più presto un nuovo pastore, nella linea aperta da Papa Francesco. Perché nella storia — e nella storia della Chiesa — non si torna indietro. Si va solo avanti. Grazie a Dio”: è il passaggio centrale, in linea con quanto già affermato ieri pomeriggio, del cardinale Augusto Paolo Lojudice.
Il Pontefice, ha proseguito l’episcopo, “ha mostrato cosa significa davvero vivere il Vangelo: partire dagli ultimi e guardare la realtà con gli occhi dei piccoli, dei bambini, di chi soffre, delle vittime della violenza. Questo è il compito più grande che ci ha lasciato”.
Il passo del Vangelo scelto è quello della visita di Maria Maddalena al Sepolcro vuoto di Gesù. Il suo dolore autentico ed umano ed il senso di smarrimento servono al cardinale per tracciare un parallelismo: “Maria piange e vede due angeli, ma sembra quasi non farci caso. La sua unica preoccupazione è: dov’è Gesù? Poi vede una figura, ma non si accorge che è lui – le parole di Lojudice -. Era talmente affranta dal dolore che non lo riconosce. Solo quando Gesù la chiama per nome, “Maria”, lei lo riconosce: “Rabbunì,” Maestro. Gesù allora le dice: “Non mi trattenere.” Nella traduzione latina: noli me tangere. Non mi pensare come prima. È un invito a fare un passo in avanti, a pensare in un altro modo. È un passaggio spirituale. Come ogni lutto profondo, anche questo ci chiede di non fermarci, di non voler trattenere, ma di trasformare la relazione – continua il cardinale -. Pensiamo anche noi a Papa Francesco in un altro modo”.
Due immagini restano per Lojudice simbolo del pontificato: “Il 27 marzo 2020, Francesco da solo sotto la pioggia in Piazza San Pietro; e l’altro ieri, il suo saluto al mondo, affaticato ma presente, fino all’ultimo”.
E, in chiusura, un ricordo personale: ”Tra i tanti insegnamenti che Papa Francesco ci ha lasciato, uno su tutti è centrale: la realtà è superiore all’idea. Lo disse fin dall’inizio, nell’Evangelii Gaudium. Non contano le chiacchiere, come le chiamava lui, ma i fatti – conclude -. La realtà. Le persone. La carne viva. I poveri: la carne di Cristo. E quando dieci anni fa mi nominò vescovo ausiliare a Roma, mi disse: “Non ti dimenticare dei poveri.” E io gli risposi: “Stia tranquillo, Papa Francesco, che non me lo dimentico.” I poveri sfondano una porta aperta. Ma sull’umiltà — come lui stesso riconosceva — dovremo lavorare tutta la vita. Fino all’ultimo respiro. Perché ci saranno sempre spinte interiori che ci portano a sentirci superiori, a giudicare gli altri. E invece dobbiamo continuare a lavorare su noi stessi. Solo così capiremo il gusto della vita”.