Spariti 15 miliardi di euro
di Mauro Aurigi
TRENTA ANNI DI LETALE PACE SOCIALE
La benemerita rivista Il Carroccio ha affidato al prof. Mauro Barni, già Magnifico Rettore, già sindaco di Siena e già coordinatore del comitato per l’elezione di Ceccuzzi a sindaco nel 2011, la redazione dell’editoriale del numero di Maggio-Giugno di quest’anno. Il Nostro, prendendo le mosse da un precedente editoriale della rivista sull’incerto futuro della Città, ha citato la mitica Martinella, la campanella del carroccio comunale, invocando quindi “un soprassalto d’attenzione che colga il cambiamento della scena senese senza nostalgie, rimpianti o rivendicazioni sterili, senza insistite attribuzioni di responsabilità, cui specifiche competenze sono deputate. D’altronde è sempre ingeneroso rievocare malinconicamente o roventemente le rigogliose sicurezze pluridecennali, dispensatrici di prestigio e di benessere economico e culturale …”. E nel finale una speranza: “… è bello pensare che tutti i cittadini ascoltino l’invito della martinella alla coesione, alla partecipazione, alla responsabilità.”
Ciò mi ha indotto a una riflessione sui trenta anni di pace sociale, di cui la Città ha “goduto” a partire dai primi anni ’80 ad oggi. Pace non voluta dal popolo, ma decisa nelle alte sfere previa un’oculatissima distribuzione all’opposizione di poltrone, potere e prebende, sufficienti a pagarne il silenzio e spesso il consenso, ma senza che il ruolo tirannico della sedicente “sinistra” ne sortisse minimamente scalfito. Pace che non è stata interrotta neanche quando l’irruento apparire delle liste civiche nell’agone politico senese (elezioni del 2006) ha soffocato la sedicente opposizione tradizionale. Gli eletti delle nuove arrivate si sono infatti limitati ad una faziosa guerra di palazzo, trascurando il popolo, evidentemente avendolo in disprezzo proprio come era ed è consuetudine delle tradizionali forze politiche italiote.
POTERE ASSOLUTO LASCIATO SCIAGURATAMENTE NELLE MANI DI POCHI TIRANNI
Tanta era quella pace così ottenuta che ci mancò poco che quelle forze politiche, sbalordite e intimorite, gridassero al tradimento quando (nov. 2007) un corteo di ben 4000 cittadini inondò le vie di Siena contro la mega-privatizzazione dell’aeroporto di Ampugnano – il Ponte sullo Stretto di noialtri – berlusconianamente voluto da tutti i partiti tranne i movimenti più radicali della sinistra. In effetti non si era più visto niente del genere dal tempo – anni ’60 – della guerra in Vietnam. Una grande manifestazione di protesta in trent’anni è poca cosa, anzi niente, ma si cominciò a capire che le cose dovevano e potevano essere cambiate. Sciaguratamente troppo tardi, perché quei 30 anni di “pace” hanno in realtà indotto nel corpo sociale una sorta di apatia psichica, un acritico distacco dalla cosa pubblica, un generale ottundimento della capacità di pensare, nel radicato, religioso, quanto illusorio convincimento che nel Palazzo ci fosse chi (maggioranza e opposizione) sapeva pensare meglio e più onestamente di noi banali cittadini. Risultato: tutti quegli autentici tiranni che in questi anni sono stati lasciati senza controllo al timone politico, culturale e economico della Città, sono responsabili diretti del fatto che oggi Siena e il suo territorio sono più poveri di 15 miliardi di euro. Non è un calcolo a cazzotto, anzi è largamente approssimativo per difetto. E non è finita qui, perché si è avviata una spirale verso il basso che non è possibile stimare fino a dove arriverà. Lo capiremo meglio quando comincerà la disoccupazione e i giovani (e anche i meno giovani) saranno costretti a emigrare. E non saranno solo i lavoratori dipendenti a pagare. Se ne accorgeranno tutti, da chi vende giornali a chi vende BMW, dai ristoratori ai supermercati, dai notai, ai medici agli avvocati, alle Accademie, alle Contrade ecc.. Perché quando ci sarà la ripresa nei paesi trainanti (l’Italia non sarà tra questi), ambienti come la Valdelsa e anche la Valdichiana, con il loro diffuso tessuto di piccole e medie imprese, potranno attaccarsi e farsi trainare. Ma Siena non ha alternative. Con la distruzione e/o alienazione e/o ridimensionamento del Monte, dell’Università e dell’Ospedale, dove i Senesi per secoli avevano accumulato ogni loro ricchezza materiale e morale più e meglio che qualsiasi altra città d’Italia e oltre, avrà davanti solo una brutale decadenza. Da piccola grande millenaria capitale che aveva fatto sempre tutto da sola, a borgo meridionale. Infatti quelle tre eccellenze, che rappresentavano almeno il 70% della vita economica, culturale e sociale cittadina, ammesso che sopravvivano, eccellenti non lo saranno mai più.
L’INDISPENSABILE CACCIATA DEI TIRANNI
No, caro prof. Barni, non potremo più continuare con la “pace sociale” del passato. Se Siena ha una qualche speranza di un modestissimo recupero, essa passa esclusivamente (condicio sine qua non) attraverso la riconquista del potere da parte della società civile e la conseguente cacciata punitiva di chi ha rovinato la Città e di chi ne è stato consapevole e muto testimone. Cacciati proprio come succedeva ai tempi della Martinella comunale da lei così sentimentalmente evocata. Tempi, le sarà certamente chiaro, da cui avevamo immeritatamente ereditato tutte quelle eccellenze. Turismo incluso, visto che questo – immagino che se ne sarà accorto – dipende esclusivamente da ciò che fu fatto allora, non da ciò che è stato fatto dai regimi successivi e meno che mai dalle super-incensate “amministrazioni democratiche e popolari” del dopo-guerra.
Ma per piacere professore! Tutti i Senesi coesi, partecipativi e responsabili, stretti intorno a Ceccuzzi, Mussari e Mancini (neanche uno senese!) in un riconoscente abbraccio di ringraziamento perché mancano all’appello 15 miliardi! Una cifra da capogiro in grado di mettere in grave situazione uno stato intero, figurarsi una piccola città! E lei con la sua giaculatoria sembra volerci addirittura riproporre a sindaco il Ceccuzzi, quello che ha avuto le mani in pasta in tutto a Siena negli ultimi decenni, quello che si sperticò in lodi per l’acquisto dell’Antonveneta nel 2007, quello stesso la cui candidatura ella tanto caldeggiò nel 2011.
Di iatture la Città ne ha già avute abbastanza. Ora basta.