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Se non ora quando? Il ritorno… E le conclusioni

La seconda giornata vista da Roberta

Testo e foto di Roberta Benvenuti

SIENA. Piazza Sant’Agostino nuovamente gremita, vedo tante facce conosciute ieri, la presenza maschile di domenica è più accentuata, forse altre donne si saranno aggiunte anche oggi. E oggi si deve arrivare al sodo, perché sui temi del dibattito di ieri, (lavoro-corpo-maternità-immagine della donna) si è messa tanta di quella carne al fuoco che non è facile sintetizzare.

Mentre venivo qui in macchina ho provato a fare un ripasso degli interventi di ieri pomeriggio. Eccoli apparire in flash mentali: la richiesta a più voci di introduzione di congedo di paternità obbligatoria come antidoto ad una società sessista; lo sdegno di Lidia Castellani, scrittrice e promotrice del gruppo “Le nostre figlie non sono in vendita” per lo stupro di parole messe “in frullatore” e cambiate di significato e che propone un osservatorio per la difesa del senso e della dignità delle parole; l’emozionatissima giovane donna della Locride che parla di legalità; la rappresentante delle donne musulmane in Italia che se non ottiene grandi consensi quando indica il suo vestito come antidoto alla rappresentazione poco dignitosa del corpo delle donne viene comunque calorosamente applaudita quando rivendica il diritto al lavoro di tutta una generazione di giovani preparate e competenti ma discriminate per via del velo, e ancora il grido della neoeletta nel consiglio di Napoli che invita le donne della politica già navigate a stare a fianco delle più giovani; l’invito di Silvia Costa a firmare la petizione per il premio Nobel alle donne africane; la passione di una giovanissima femminista di Genova che pone un limite alla trasversalità dicendo che votare per qualsiasi donna appiattisce di fatto la politica; la proposta di un gruppo di economiste di fare i “bilanci di genere”, monitorando le ricadute che ogni decisione di politica economica ha non solo sul totale della popolazione ma anche solo sulle donne; l’appello delle operaie di Faenza a boicottare le calze della Omsa e della Golden Lady (perché l’azienda – per niente in crisi – sta chiudendo qui per aprire di nuovo in Serbia); lo sdegno di tante donne per il cosiddetto “scippo del tesoretto”, quel tesoretto ricavato dall’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni e che doveva essere reinvestito in politiche “di genere”, ma prontamente stornato verso altre destinazioni; la simpatia di Silvia Nascetti che ha parlato a nome del gruppo “Donne che si stendono sui libri e non sul letto dei potenti, e uomini che le amano così”, dove per libri non si intende solo cultura accademica ma sapere e consapevolezza femminile condivisa, la passione con cui la rappresentante delle immigrate in Italia ha letto una lettera aperta a Berlusconi, specificando che non tutte le immigrate si chiamano Ruby, e lo sdegno – questo sì trasversale – espresso per la norma appena cancellata che avrebbe reso impossibile la pratica delle dimissioni in bianco, l’odiosa lettera che tantissime donne devono firmare al momento dell’assunzione e che verrà utilizzata dal datore di lavoro in caso di loro gravidanza; e infine un’immagine senza voce, la faccia gentile della parlamentare Paola Concia che pur presente per tutta la giornata non è salita sul palco, lasciando di fatto che quel tempo così prezioso fosse utilizzato da chi di solito voce non ha.

Oggi la giornata riparte con la proposta che dal comitato promotore di Se Non Ora Quando viene lanciata a tutti i gruppi locali, le associazioni, le donne dei partiti e dei sindacati, del volontariato e alle singole cittadine. L’annunciano dal palco Serena Sapegno e Titti Di Salvo: costituire a livello nazionale un nuovo movimento femminile organizzato, stabile, autonomo, inclusivo, con una agenda che non venga calata dall’alto ma stabilita insieme, punto per punto. Una piattaforma comune a fare da collante fra esperienze e orientamenti politici diversi, con l’obiettivo dichiarato di essere, come donne, decisive in ogni settore politico ,economico e sociale del nostro paese, per il bene del paese e delle donne che lo popolano per oltre il 50%.

Chi interviene successivamente dovrebbe raccogliere e interloquire con questa proposta, ma di fatto è una proposta che dà solo ufficialità a qualcosa che era già nell’aria ieri, perché già essere come donne da nord al sud dell’Italia presenti qui insieme, è una risposta. L’entusiasmo c’è, ma anche la consapevolezza delle difficoltà da superare. Il movimento si propone di essere autonomo, quindi autofinanziato, autogestito, indipendente dai partiti pur se accogliente con le donne di partito, qualsiasi partito. Ma la standing ovation che accoglie Livia Menapace, femminista storica militante e partigiana (“sono così vecchia che ho fatto anche la Resistenza”) quando annuncia che “se la trasversalità democratica va da me alla Bongiorno io voglio discuterne, perché c’è del qualunquismo anche a sinistra” rende inequivocabile che il sentire “di pancia” di questa platea è ben più a sinistra che a destra. Una ondata di simpatia accoglie anche Simona Lembi, che con freschezza di parole e d’aspetto quasi adolescenziale ci racconta il suo orgoglio di essere partita dall’esperienza della manifestazioni di Se non ora quando del 13 febbraio, e passando dalla consapevolezza di potersi e doversi impegnare in prima persona è arrivata a essere, ora neo-eletta, presidente del consiglio comunale di Bologna, prima donna da decenni.

Altri interventi si susseguono, nella platea fra i volti conosciuti ritroviamo Rosi Bindi, Silvia Costa, Flavia Perina, oggi ascoltano le voci di altre donne, pacate, appassionate, timide, che ci ricordano che “noi avevamo smesso di pensare che oltre a essere critiche potevamo essere anche trasformative”, che “questo movimento ha bisogno di incontrare anche le donne che per cultura, appartenenza geografica e possibilità non hanno gli strumenti che abbiamo noi”, che dobbiamo “legare la nostra lotta a quella della difesa della Costituzione e della laicità dello Stato perché sono facce della stessa medaglia”, ci chiedono di non avere paura dei conflitti perché sono l’anima del confronto e ci invitano come donne a “ portare l’attenzione sull’etica della politica e non solo sul Pil e sfidare il potere ma farlo senza entrare nella logica della prevaricazione” ad “entrare nel sistema per cambiarlo”, perché “noi dobbiamo inventare modelli diversi da quelli maschili”, e infine ci chiedono come donne, se siamo pronte a votare una leader donna, perché il primo cambiamento culturale, il più necessario parte da dentro noi stesse.

Ce lo dicono anche due giovani ragazze del comitato di Siena che ha organizzato tutta la due giorni: “ riuscire a capire quali sono i livelli della nostra complicità e come possiamo liberarci” , perché ad esempio si può “essere madri, appassionatamente madri, senza essere l’angelo del focolare”, e la più giovane del comitato senese, Carla Fronteddu, ci emoziona tutte raccontandoci con umiltà che l’essere cresciuta in una epoca vuota di un “noi” di donne l’aveva portata ad una totale chiusura verso la storia e le esperienze delle donne più anziane del movimento, finché con gradualità ha capito l’importanza di un progetto per mediare , consapevole infine che “i confini della mia identità non sono sempre dei fortini da difendere”. In pratica la manifestazione finisce qui, su queste parole di una giovane che fanno da stimolo per l’elasticità mentale delle più mature.

Dopo i ringraziamenti e i saluti finali – peccato per l’assenza dovuta a lieve malore di Cristina Comencini prima ideatrice del movimento – un tripudio di applausi sancisce la fine di questo incontro tra donne che per due giorni si sono conosciute, ospitate, confrontate, parlate, applaudite e anche fischiate, ma in ogni caso, riconosciute. Sono le 13.30 passate, tutti hanno fame e il sole picchia forte ma la piazza si svuota lentamente, fra il chiacchierio, gli abbracci, gli scambi di numeri di telefono, diversi occhi lucidi.

Il movimento femminile nazionale Se Non Ora Quando nasce qui, oggi 10 luglio a Siena. Avrà bisogno di altri spazi e momenti di incontro e confronto per crescere e un lungo lavoro per andare oltre le differenze ed essere realmente quello che si propone, un “patto tra donne diverse”, ma in un paese che non vede ormai da decenni un movimento “di genere” a livello nazionale questa nascita è già di per sé un lieto evento.

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