La tutela del made in Italy va a rilento
SIENA. Tra le attività da esercitare – con urgenza – per migliorare i nostri conti e forse anche lo spirito nazionale, ci sarebbe quella di proteggere il lavoro italiano (in questo caso degli agricoltori di Montalcino) dagli assalti della speculazione internazionale all’arrembaggio di tutto il meglio del made in Italy.
Abbiamo “pescato” su un noto blog del vino (leggi) questo post di denuncia di quello che a noi pare un tarocco bestiale, e non si tratta di arance, ma di uva, e di vino: e che vino! Praticamente il meglio (o comunque tra le vette) della produzione nazionale. E che fa il Ministero dell’Agricoltura? Che cosa fa l’UAMI (ufficio per l’armonizzazione del mercato interno UE)? Che cosa fanno Consorzi e Istituzioni varie che tutelano e promuovono? Nessuno è sbarcato in India notando all’aeroporto di Mumbai la boutique di cui abbiamo visto le insegne nell’account Facebook ROSSO BRUNELLO (vedi) che abbiamo visitato? Chi produce quelle scarpe e quesgli accessori (e dove)?
E la Provincia di Siena che cosa pensa di questi furbacchioni? Sono tutti interrogativi che meritano risposte urgenti: perché il lavoro manca e gli altri sfruttano la nostra bellezza, con marchi senza senso, senza legami con il nostro territorio, senza portare acqua al mulino del nostro lavoro. Che cosa vogliono dire quei marchi applicati ai sandali per gli indiani, che cosa c’entrano con Montalcino?
Abbiamo “pescato” su un noto blog del vino (leggi) questo post di denuncia di quello che a noi pare un tarocco bestiale, e non si tratta di arance, ma di uva, e di vino: e che vino! Praticamente il meglio (o comunque tra le vette) della produzione nazionale. E che fa il Ministero dell’Agricoltura? Che cosa fa l’UAMI (ufficio per l’armonizzazione del mercato interno UE)? Che cosa fanno Consorzi e Istituzioni varie che tutelano e promuovono? Nessuno è sbarcato in India notando all’aeroporto di Mumbai la boutique di cui abbiamo visto le insegne nell’account Facebook ROSSO BRUNELLO (vedi) che abbiamo visitato? Chi produce quelle scarpe e quesgli accessori (e dove)?
E la Provincia di Siena che cosa pensa di questi furbacchioni? Sono tutti interrogativi che meritano risposte urgenti: perché il lavoro manca e gli altri sfruttano la nostra bellezza, con marchi senza senso, senza legami con il nostro territorio, senza portare acqua al mulino del nostro lavoro. Che cosa vogliono dire quei marchi applicati ai sandali per gli indiani, che cosa c’entrano con Montalcino?