Quello che ci occorre è invece iniziativa politica, anche dura e decisa scrive l'esponente del Pd
SIENA. Nel pasticcio della Legge sul riordino delle province voluta dal governo ci sono due atteggiamenti da evitare: il campanilismo esasperato e il populismo auto denigratorio. Quello che ci occorre è invece iniziativa politica, anche dura e decisa, accompagnata da capacità di dialogo e di trattativa per chiedere che Siena rimanga capoluogo. Il fatto che il Comune sia stato commissariato ha tolto voce alla nostra città, ha indebolito Siena e il suo territorio nel confronto regionale e nazionale, lasciando completamente da solo, a livello istituzionale il presidente Bezzini. E’ questo l’ennesimo effetto negativo di quella sciagurata scelta, fatta da un ristretto gruppo di consiglieri ai danni di un’amministrazione, eletta a larga maggioranza da neppure un anno. Così, mentre il sindaco di Arezzo, Fanfani ha potuto tuonare contro l’ipotesi, delineata dal Presidente della Regione, di una Toscana meridionale con Siena capoluogo, contribuendo di fatto ad affossarla, il sindaco di Siena non ha potuto ribattere niente per l’ovvia ragione che un primo cittadino la nostra città non l’aveva più da mesi.
Ma guardiamo oltre. La partita per limitare i danni di una legge nazionale fatta male non è chiusa. Domani è attesa la decisione della Corte Costituzionale sull’elezione diretta del Presidente e del consiglio; poi ci sarà la sentenza del Tar sul ricorso presentato dalla Provincia di Siena e infine l’intervento dei parlamentari. Ai deputati chiediamo di presentare emendamenti che recepiscano le ragioni storiche, economiche e sociali per le quali Siena debba rimanere capoluogo, partendo dal suo ruolo in Toscana, in Italia e in Europa, grazie alla presenza di tanti poli nazionali, come l’università, la banca, il policlinico. In questo contesto, a livello locale, ci sarà da rilanciare con decisione la questione del rapporto fra la città e i comuni limitrofi, dal momento che proprio l’esiguità del territorio comunale e la scelta di contenerne la cementificazione sono fra le principali cause di quel limitato numero di abitanti che oggi costituisce il discrimine, secondo la legge, per la scelta di Grosseto capoluogo.
Negli ultimi venti anni i confini provinciali sono stati superati spesso e in modo proficuo sul versante di quei servizi (acqua, rifiuti, trasporto pubblico) che assicurano una buona (sempre migliorabile) qualità della vita. Ci sono volute discussioni e mediazioni, ma è questo il modello da seguire per uscire dal pantano in cui la legge sulle province ci ha gettato.
Alessandro Orlandini, della Direzione dell’Unione comunale del Pd di Siena