di Andrea Pagliantini
GAIOLE IN CHIANTI. Fu eretto alla fine degli anni venti, nei primi tempi dei cupi anni del littorio, più per celebrare la retorica patriottica della guerra che a ricordo delle 17 persone di Vertine mandate al macero contro nemici nelle trincee opposte e nel proprio quartier generale.
Diciassette lecci, ognuno dei quali recava la targa metallica con il nome del defunto, più un altro, senza nome, messo per completare un effetto visivo. Quella pianta, messa a dimora con le altre e senza la targhetta, non è mai voluta crescere.
Al centro un monumento con una lapide di marmo dove vennero trascritti i nomi dei 17, avendo cura di lasciare lo spazio che sarebbe servito per trascrivere i nomi della successiva follia mondiale.
D’estate, con il sole a picco il luogo più fresco dell’universo con il sole che non perfora le foglie dei lecci e dove i bambini di transito si dondolano per ore nelle giostre messe alcuni anni fa.
D’inverno, sono i cinghiali ad averne cura: è bastata una notte che questi animali allevati dagli uomini, hanno coltrato una bella fetta dell’area monumento, ma non bisogna per niente lamentarsi, l’economia del Chianti si regge sul cinghiale: la sua carne, chi da fuori viene a fare le battute di caccia, i cani (venduti o comprati) che hanno il valore delle stelle della squadra del Barcellona.