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di Andrea Pagliantini
CHIANTI. Siamo arrivati al punto in cui, se una proposta di legge nazionale venisse approvata, l’accorpamento dei piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti diverrebbe applicativo.
La possibilità che i tre comuni del Chianti (Radda, Gaiole e Castellina), si possano unire in uno solo stavolta è molto vicina e il dibattito su questa tematica è molto vivo, nonostante vi siano legittime posizioni diverse e divergenti.
Si tratta in definitiva di concedere a chi del territorio e del nome Chianti è il vero possessore, ovvero i suoi abitanti, di decidere il futuro di un’aggregazione che permette di fare luce e chiarezza sul fatto che il termine Chianti si possa riferire ad un territorio ben chiaro e netto, che ha radici storiche certe e condivise.
Un errore è pensare che il nome Chianti sia solo l’intestazione di un’unità consortile dalla quale ricalcare i confini, peraltro non netti, ma trancianti, che lasciano fuori porzioni di territori comunali che non ricadono sotto i canonici ambiti di produzione del vino Chianti Classico. E non è pensabile che Chianti sia un’ entità territoriale riferita ad ogni angolo di Toscana nella quale si produce vino. Questo genera una solenne confusione.
I pro e i contro a questa aggregazione di comuni si confrontano spesso mettendo in luce ingenue miopie e scarsità di vedute.
I personalismi, le prime donne che sbeffeggiano chi si trova fuori dai confini territoriali di chi si vuole unire, le argomentazioni che prospettano di vedere l’argomento al chiuso delle stanze ufficiali o quel poco di sedi di partito rimaste, dentro alle quali si dovrebbero porre ed elaborare idee e non postazioni di controllo della mescolanza di generi, suonano come temporali estivi.
Agli amministratori il compito di verificare e fare in modo che la macchina dei servizi non si inceppi che sia unione o meno, con un governo centrale che – non è un mistero per nessuno – tende a demolire ogni parvenza di pubblico (quindi di nostro), che si riversa nella vita quotidiana delle persone. Agli abitanti del Chianti, veri depositari e custodi del nome della terra li ospita, la possibilità di esprimersi se ha senso rimettere insieme i cocci di un nome territoriale divaricato a sproposito in usi commerciali o comunicativi.