di Andrea Pagliantini
GAIOLE IN CHIANTI. A Vertine mancavano pochi giorni alla Liberazione del 17 luglio 1944 e al dramma dei tiri d’artiglieria tedesca sui carri armati neozelandesi appena arrivati che videro morire cinque persone, con quindici feriti e la parte superiore del paese (comprese la chiesa e la canonica) gravemente danneggiata.
I militari tedeschi della famigerata “Brigata Goering” facevano paura: razziavano dagli animali al grano, svuotavano fiaschi e da ubriachi facevano gare di tiro sul cipresso solitario di Paiolo (ancora oggi si vedono i fori sul tronco). Le donne tremavano, le ragazze venivano nascoste e i renitenti alla leva di Salò stavano riparati da un capanno nel bosco di Parabuio, con i ragazzi di Vertine che portavano loro qualcosa da mangiare (venendo spesso presi a fucilate).
Nei giorni precedenti la Liberazione tutte le persone che erano in paese furono rinchiuse nelle cantine, mentre arrivava benzina, arrivavano bombe a mano, c’era l’idea che ci sarebbe stata un’altra carneficina, un’altra strage di civili..
Ma un tenente tedesco, forse colto da un attimo di umanità allo sguardo dei tanti bambini che c’erano, diede ordine di liberare le persone rinchiuse. Non è chiaro se questo episodio avvenne qualche giorno prima o dopo l’arrivo a Vertine di una carrozzella (sidecar) con due militari (sempre della Brigata Goering), che senza motivo spararono alla signora Novara – colpevole solo di passare per la via – colpendola a una coscia, lasciandola lì dolorante e con le grida di dolore che straziavano tutto Vertine e i fanciulli dell’epoca che anche se di pochi anni, ricordano adesso ogni istante, ogni particolare di quei giorni maledetti.
Qualche giorno dopo avvenne la Liberazione, con i morti, altri feriti, macerie, cantine, orci e granai vuoti.
A Vertine la ritrovata llibertà non venne subito apprezzata, ci volle tutto il tempo per piangere i morti e veder risarcire le ferite da schegge piantate nei corpi, ma anche in quel tempo osceno, nessuno si inchinò mai alla prepotenza, per una legge d’amor proprio mai scritta che scorre nelle vene di chi abita questo piccolo – orgoglioso – paesino del Chianti.