Gli organi di controllo non vedono la pasturazione a pane e granturco degli ungulati?
GAIOLE IN CHIANTI. (a. p.) Di un esemplare di cinghiale di rispettabili dimensioni non è rimasto tanto: solo la parte del muso, un po’ di setola e un bel mucchietto di ossa ben ripulite sparse in un diametro di un paio di metri.
Segnale della presenza di qualche predatore che riesce a mettere al tappeto una bestia di belle dimensioni, nel contesto di un ambiente che scoppia della loro presenza e alimenta le dispense e le speranze di cibo di animali che, alla fine, potrebbero diventare un problema.
Il tutto, nel facendo finta di niente degli organi, prima provinciali, poi regionali, che i cinghiali, i loro danni, la loro pasturazione a pane e granturco, l’annientamento delle colture e la recinzione del paesaggio per proteggersi stanno stremando un territorio, il Chianti, che vive di un po’ di turismo, quel po’ che è rimasto di agricoltura, alla mercè del cinghiale, del suo allevamento nei boschi e delle problematiche che ne conseguono.