di Andrea Pagliantini
CHIANTI. A Sinalunga, a pochi metri da piazza Garibaldi, c’è un murale che ricorda l’arresto del Generale, avvenuto proprio in paese il 23 settembre 1867. Per ordine di Vittorio Emanuele II, i Carabinieri arrestarono Garibaldi per impedirgli di andare a Roma e sbullonarla dal sonno secolare delle tonache. La leggenda narra che un militare svenne per l’emozione di trovarsi di fronte il suo eroe.
Da qui un tarlo inizia a lavorare, stimolato dal fatto che a memoria vie, piazze, targhe o cippi dedicati a Giuseppe Garibaldi in una certa parte della provincia di Siena, non ve ne sono.
A Siena, il monumento equestre alla Lizza, una locanda, la via, varie targhe e un gustoso episodio avvenuto in via Diacceto, all’albergo la Scala. Il generale salutava la folla sottostante e una voce dalla strada urlò: “Morte ai preti!” e lui prontamente rispose “Morte a nessuno!”.
A Casteknuovo Berardenga il municipio si trova in via Garibaldi, a Rapolano una statua davanti allo stabilimento termale dove curò le ferite sabaude d’Aspromonte, ad Asciano è dedicata a lui la piazza principale, a San Quirico un rinomato ristorante, a Poggibonsi un cinema e una via eccetera eccetera.
Un lungo girare per la toponomastica della provincia per poi arrivare al Chianti, terra aspra, soda, conservatrice, dove inchinarsi e togliersi il cappello è sempre stato uno sport piuttosto praticato nei secoli come in tempi più moderni.
Non v’è certezza, ma anche pochi dubbi che a Radda, Gaiole e Castellina (ovvero il Chianti senza menzioni e aggettivi aggiunti) non ci sia neanche un vicolino, un bustino, una medaglietta legata a un querciolo intitolati a Giuseppe Garibaldi. Strano, ma non stranissimo, motivi storici da consolidare al netto delle tante ipotesi possibili sul perchè, ma almeno un dato è certo: il Chianti (quello vero) si riconosce anche da questo stare a guardare, mai prendere posizione, affidarsi a chi per nobiltà, collarino bianco o posizione di privilegio, è abituato a pensare per conto di tutti.