Bussagli: “Archeologi del nostro Parco e operatori della nostra Fondazione Territori Sociali Altavaldelsa insieme per un bel progetto di inclusione”

In questa settimana sono iniziati gli incontri con persone colpite da sindrome di alzheimer presso la sala Francovich e il centro di documentazione al Cassero della Fortezza medicea di Poggio Imperiale. Preliminarmente alla parte operativa si sono svolti una serie di incontri formativi, iniziati a ottobre, per gli operatori museali e geriatrici e una serie di visite presso la residenza per conoscere gli ospiti e entrare in contatto con questa realtà.
Il progetto coinvolge Alessandra Nardini per il Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università di Siena, Federico Salzotti per Archeòtipo srl e per il Parco della Fortezza Medicea di Poggibonsi-Archeodromo, la direttrice dell’area servizi residenziali e semiresidenziali della FTSA Romina Mora, la referente (Francesca Gennai) e l’animatrice (Letizia Scavuzzo) della RSA Dina Gandini di Poggibonsi, la referente (Sonia Senesi) e l’animatrice (Natasha Bonavolontà) della RSA Bottai di Colle di Val d’Elsa.
“Una autentica sinergia – dice Andrea Dilillo, direttore della FTSA – che ha reso possibile concretizzare un progetto innovativo di grande valore. Un progetto che ci vede coinvolti insieme ad altre professionalità e sensibilità nel proseguire un percorso di crescita qualitativa nei servizi e nella cura delle persone più fragili”.
La parte pratica proseguirà nei prossimi mesi a cadenze regolari. E’ Marco Valenti, direttore del Parco che spiega. “Da un punto di vista operativo il lavoro procederà con piccoli gruppi, massimo di quattro persone – dice – Durante gli incontri il tentativo è quello di sfruttare il potere evocativo degli oggetti archeologici che vengono fatti estrarre dalla terra, vedere e manipolare, per far esprimere alle persone sensazioni, ricordi, emozioni che poi vengono trascritte in un racconto spontaneo”. L’obiettivo è di far si che i musei possano aiutare le persone malate, coinvolgendole e facendole sentire vive e partecipi, cercando di limitare l’isolamento nel quale la malattia può portare. “Un progetto carico di umanità e di utilità sociale – chiude Valenti – Archeologia Pubblica vera”.