di Andrea Pagliantini
SIENA. Prima che il gelo sulle ali del vento, si porti via i vestiti delle viti lasciandole spoglie e in letargo per sopportare gli scarsi agi
dell’inverno, si ha a possibilità di ammirare la sgargiante bellezza dei vigneti autunnali tinti d’oro o di porpora a seconda delle varietà piantate.
Le vigne di Brolio in primavera sono condite e azotate da sovesci dalle tonalità emotive e sontuose: la sulla, la senape, la facelia, che le
rendono dei dipinti realizzati con i migliori sentimenti.
E’ anche vero che il vino (in certi territori pregiati) non è più un alimento o una bevanda dell’andare, ma un bene di lusso che equivale a
una borsa, un abito firmato, un orologio appariscente.
La bellezza di certi vigneti e la cura con la quale si conduce è inclusa nel prezzo e se la campagna non ha più quell’armonia di terrazze,
colture promiscue, muri a secco perfetti tenuti e accuditi nei secoli da una moltitudine di mezzadri e dalla loro immensa fatica, è vero che la meccanica e la tecnologia, hanno molto sollevato lo sfiancamento da terra, arrivando a produrre non più una bevanda derivata dalla
fermentazione dell’uva, bensì un bene voluttuario pagato a caro prezzo che permette di ammirare un paesaggio di viti, un solitario cipresso, un vecchio podere in lontananza come un’umile conservazione dell’esistente con il buon gusto di non stravolgere il passato.