di Andrea Pagliantini
ASCIANO.Alla fine della seconda giornata della prima edizione della Festa Contadina, sopra il cielo di Asciano, a corona della basilica di Sant’Agata, compare un repentino arcobaleno durato pochi istanti a cingere di successo una manifestazione genuina e spontanea, che mette sul corso principale del paese le arti e i lavori di un passato ormai remoto, che solo talluni ricordano.
La storia è raccontata semplicemente con le “peghere” (gli imbuti di legno) i barili e le bigonce, le ruote dei carri, l’ago del sarto, le forme del calzolaio, i ferri del fabbro e del maniscalco, le tinozze delle lavandaie, zappe, vanghe, vomeri per la dura terra di creta, i piccoli ingranaggi dell’orologiaio. Le oche sono impassibili, ma il maialino che assaggia l’uva e diventa irascibile, rifiuta sdegnosamente una patata a fette e piccoli pezzi di pane, a sinonimo della sua viva intelligenza e del fine rapporto parentale con i buongustai cinghiali.
E poi i sapori: lua versione ascianese della minestra di pane con patate e fagioli passati, bietola, pomodoro, che saltata in padella con olio come si deve, è un dolce sentire.
Il tutto dovuto alle spalle larghe della Pro Loco di Asciano, che, smessi i panni Eroici dei rifornimenti nel percorso dei ciclisti, Piazza del Campo compresa, si rimbocca le maniche e inventa la festa dei vecchi lavori e dei sapori antichi di ciò che c’era e bastava ed avanzava.