di Andrea Pagliantini
CHIANTI. San Piero in Avenano, uno dei luoghi più importanti del Chianti, versa da decenni in un perenne e continuo stato di “decomposizione”.
Alcuni documenti dell’Abbazia di Coltibuono, attestano la presenza della chiesa già alla fine del primo millennio. Di proprietà della famiglia Ricasoli, fu ricostruita nelle forme attuali da Giovanni Bista Ricasoli, vescovo di Cortona, intorno al 1560.
La facciata, in stile romanico, fu fatta rifare dal prete Gaetano, sempre della famiglia dei Ricasoli. Altro intervento, ai primi del ‘900, con un’imbiancatura generale all’interno.
L’arco di putti in terracotta invetriata, attribuito ad Andrea della Robbia, è stato più volte saccheggiato nel corso degli anni. Alla Pinacoteca di Siena, si trova la Madonna in trono con i santi, di Luca di Tommè, datata intorno al 1370.
Nel 1745, erano 196 le anime del Popolo di San Piero in Avenano, nel 1833, erano 148, nel censimento del 1936, ben 216, erano le persone che vivevano in tale parrocchia.
Nel 2024, salvo qualche centinaio di cinghiali e decine di daini e caprioli, il numero delle persone è pari a zero, con una chiesa depredata di opere d’arte e oggetti vari, in cui spiccavano una serie di angeli in terracotta invetriata in stile o opera di Della Robbia, che erano intorno all’altare.
Una parete di edera che disintegra e sorregge i muri, un soffitto che ha toccato il suolo nella navata sinistra, un albero, l’ailanto, che è diventato il simbolo dello stato precario, di un luogo che ha radici nell’anno mille, e che, per il futuro, ha solo l’ambizione di non finire la sua storia in un cumulo di calcinacci franati.