Intervento in merito al taglio della vegetazione ripariale sui fiumi Arbia e Ombrone
BUONCONVENTO. Un’identità violata, un aspetto corrotto, un abuso troppo grosso quello che è stato fatto e si continua a fare ai fiumi della nostre terre. Noi lo definiremmo un maltrattamento ai danni della collettività. Non ci stancheremo mai di ribadirlo.Stiamo distruggendo con le nostre mani, un ecosistema dalla struttura molto complessa ed allo stesso tempo delicata. Lo stesso che ha moltissime benefiche funzioni e tra l’altro ci protegge dalle esondazioni, come una cassa di espansione naturale, limitando picchi di piena, trasporto di fango e danni.
Il taglio sconsiderato della vegetazione riparia con l’abbattimento totale non selettivo e contemporaneo in tutti i corsi d’acqua, anche ai bordi e fuori dall’alveo, ha cancellato in un attimo un ecosistema complesso e decenni di storia e di vita.
Lo scempio, sotto tutti i nostri occhi, non può continuare a passare inosservato. Il fiume, quale ricchezza patrimoniale di tutta la popolazione, non può continuare ad essere trattato come un canale da cui attingere per fare cippato e soldi ai danni della collettività.
Nessuno può rivendicare questo diritto, né tanto meno prendersi questa libertà, contravvenendo alle norme di salvaguardia e che all’estero vengono strettamente osservate.
Tutto sarebbe comprensibile se fossero opere vitali per il bene e l’incolumità dei cittadini. Ma anziché limitare i tagli della vegetazione ai soli tratti di attraversamento dei centri abitati con pericolo di esondazione ed all’interno dell’alveo, (come descritto anche in opuscoli firmati dalla protezione civile) si estendono queste operazioni dappertutto con esbosco totale anche di modesti ruscelli in zone disabitate ed anche in aree che dovrebbero essere protette.
Ma quali sono questi benefici?
Gli scenari che i tagli lasciano alle spalle sono inquietanti e ancora non si capisce (perché nel frattempo i tagli continuano) che le conseguenze di tali abusi sono tangibili e già da tempo da noi denunciate.
Come la moria di pesci sul fiume Arbia prima di Monteroni, cronaca descritta nei giornali del 31/7/2015, le cui cause apparvero al momento misteriose, in quanto a seguito delle verifiche dell’Arpat, non risultò nessuna anomalia nei processi depurativi. Infatti la moria dei pesci fu la scontata conseguenza di un innalzamento eccessivo della temperatura dell’acqua dovuto alla totale mancanza della vegetazione e quindi di ombreggiamento, fondamentale nel periodo estivo.
Oltretutto, per ottenere il fine che sidice di voler perseguire, l’operazione di taglio dovrebbe essere compiuta con cadenza almeno annuale, in quanto dopo pochi mesi sul fondo dell’alveo ricrescono una serie di piccoli arbusti e polloni, soprattutto di acacia, prima ostacolati dalla mancanza di luce intercettata dai grossi alberi sulle sponde, che restringono la sezione del corso d’acqua e fanno proliferare specie che, secondo le normative dovrebbero essere contenute, come appunto le acacie.
E nel frattempo mentre grosse macchine continuano a radere al suolo tutto, un ecosistema scompare, i pesci muoiono, l’effetto di laminazione delle piene, che prima il fiume garantiva adesso cessa, le sponde tendono a franare, il trasporto di fango aumenta e nessuno fa niente per impedire che tutto ciò vada avanti. E mentre grossi autotreni di cippato se ne vanno, va via con loro anche una parte della nostra storia del nostro paesaggio, del nostro ecosistema che non tornerà più come era prima.
In tutto questo chiederemo alle amministrazioni di prendersi le loro responsabilità in quanto come concessionari, hanno l’obbligo di vigilare sul lavoro svolto dai privati che hanno avuto in concessione il taglio.
Comitato per la valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente di Buonconvento