CHIUSI. Pensava di aver regolato definitivamente i conti con la giustizia dopo essere stato scoperto dalla Guardia di Finanza a prelevare indebitamente delle somme di denaro dal conto corrente di una società immobiliare, svuotando, nel contempo, le casse sociali per alcuni milioni di euro. Dopo mesi di lunghe indagini basate soprattutto sull’analisi delle movimentazione bancarie, transitate in oltre 80 conti correnti accessi sul territorio nazionale, i finanzieri di Chiusi, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Montepulciano, avevano denunciato un noto professionista per il reato di appropriazione indebita.
In realtà la storia non era del tutto finita. Compiuto il primo passo, i finanzieri hanno voluto verificare anche la posizione reddituale complessiva del professionista, facendo leva sui provvedimenti normativi fiscali che hanno allargato le maglie del concetto di reddito da dichiarare al fisco, fino ad includervi ogni forma di ricchezza, anche se frutto di attività di natura illecita, purché i relativi proventi non siano già stati raggiunti da un provvedimento di sequestro o di confisca.
E proprio sul solco di tale principio giuridico che gli investigatori hanno diretto la loro attenzione sui proventi illecitamente percepiti dal commercialista. Da una puntuale loro ricostruzione è emerso, infatti, che l’appropriazione indebita consumata aveva portato con sé anche dei redditi cospicui per un importo complessivo pari ad oltre 2,3 milioni di euro.
Ma come si è potuto arrivare a tale consistente forma di guadagno commettendo un reato comune come quello di appropriazione indebita? In tal caso il frutto del reato è stato di così grande portata in quanto legato alla realizzazione di un’operazione commerciale per un valore pari a 5 milioni di euro circa, finalizzata all’acquisizione di un grosso complesso immobiliare in Roma.
Le somme di denaro indebitamente percepite, qualificate come proventi illeciti sono state così segnalate all’Agenzia delle Entrate per il loro recupero a tassazione ed il pagamento delle imposte evase.
Consapevoli che spesso i reati portano con sé un illecito arricchimento, i finanzieri sono sempre più determinati nel reprimere non solo i reati di natura economico-finanziaria ma, anche, a recuperare a tassazione i relativi proventi accumulati nel tempo, al fine di eliminare ogni utilità o vantaggio patrimoniale connesso a certe forme di reati. Basti pensare ai casi di usura, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, reati societari, truffa, ecc.. dove molto spesso ci sono circuiti rilevanti di flussi finanziari collegati alla commissione del reato e che difficilmente vengono aggrediti, recuperati o tassati.
Nella convinzione che per ottenere una generalizzata ed efficace forma di prevenzione è necessario aggredire in modo esteso i patrimoni di origine illecita, sia con sequestri di natura penale o amministrativa ma anche con il recupero a tassazione, tale tipologia di servizi sarà intensificata in modo sistematico dalla Guardia di Finanza nel corso dell’intero anno 2010, secondo le direttive che a livello nazionale sono state impartite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Comando Generale del Corpo.
In realtà la storia non era del tutto finita. Compiuto il primo passo, i finanzieri hanno voluto verificare anche la posizione reddituale complessiva del professionista, facendo leva sui provvedimenti normativi fiscali che hanno allargato le maglie del concetto di reddito da dichiarare al fisco, fino ad includervi ogni forma di ricchezza, anche se frutto di attività di natura illecita, purché i relativi proventi non siano già stati raggiunti da un provvedimento di sequestro o di confisca.
E proprio sul solco di tale principio giuridico che gli investigatori hanno diretto la loro attenzione sui proventi illecitamente percepiti dal commercialista. Da una puntuale loro ricostruzione è emerso, infatti, che l’appropriazione indebita consumata aveva portato con sé anche dei redditi cospicui per un importo complessivo pari ad oltre 2,3 milioni di euro.
Ma come si è potuto arrivare a tale consistente forma di guadagno commettendo un reato comune come quello di appropriazione indebita? In tal caso il frutto del reato è stato di così grande portata in quanto legato alla realizzazione di un’operazione commerciale per un valore pari a 5 milioni di euro circa, finalizzata all’acquisizione di un grosso complesso immobiliare in Roma.
Le somme di denaro indebitamente percepite, qualificate come proventi illeciti sono state così segnalate all’Agenzia delle Entrate per il loro recupero a tassazione ed il pagamento delle imposte evase.
Consapevoli che spesso i reati portano con sé un illecito arricchimento, i finanzieri sono sempre più determinati nel reprimere non solo i reati di natura economico-finanziaria ma, anche, a recuperare a tassazione i relativi proventi accumulati nel tempo, al fine di eliminare ogni utilità o vantaggio patrimoniale connesso a certe forme di reati. Basti pensare ai casi di usura, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, reati societari, truffa, ecc.. dove molto spesso ci sono circuiti rilevanti di flussi finanziari collegati alla commissione del reato e che difficilmente vengono aggrediti, recuperati o tassati.
Nella convinzione che per ottenere una generalizzata ed efficace forma di prevenzione è necessario aggredire in modo esteso i patrimoni di origine illecita, sia con sequestri di natura penale o amministrativa ma anche con il recupero a tassazione, tale tipologia di servizi sarà intensificata in modo sistematico dalla Guardia di Finanza nel corso dell’intero anno 2010, secondo le direttive che a livello nazionale sono state impartite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Comando Generale del Corpo.