Il segretario Dem: “A dicembre era ancora in piedi il progetto (nebuloso) di affidarne la realizzazione ai privati in area Fabbrichina. Ora il sindaco indica i locali della vecchia Coop”

COLLE DI VAL D’ELSA. Affossato in ogni maniera possibile il progetto storico che vedeva la realizzazione di una vera e propria Cittadella della Cultura all’interno dell’area ex Fabbrichina, sembra che la giunta guidata dal sindaco Pii abbia deciso di procedere alla giornata e con un percorso a zigzag, verso l’obiettivo (sempre che esista realmente) di una nuova biblioteca comunale.
Nel percorso verso la candidatura a Capitale della Cultura per il 2028, il progetto di una biblioteca degna della città di Colle dovrebbe essere fondamentale.
Eppure non riusciamo a cogliere tutto questo interesse da parte della maggioranza che oggi governa la città. Speriamo di sbagliarci.
I fatti però parlano da soli.
E se, nelle prime settimane dall’insediamento, il sindaco continuava a sostenere l’area della Fabbrichina (ex Vulcania, per la precisione). Quel progetto, settimana dopo settimana è stato smembrato, snaturato, ridotto all’osso, e infine accantonato. Prima c’è stato il sì del curatore fallimentare all’acquisizione dell’area, che all’improvviso è diventato un no. Poi è seguito l’annuncio di una Fabbrichina in mano ai privati i quali avrebbero affrontato i costi di realizzazione della nuova biblioteca comunale per poi affidarla in gestione all’amministrazione pubblica. A questo proposito non abbiamo mai capito a quale costo i privati avrebbero realizzato la struttura; non a caso questa collaborazione, più volte annunciata, tra pubblico/privato sembra franata rovinosamente.
Il sindaco ha deciso. La destinazione ideale per la nuova biblioteca è la galleria nell’area Comi, davanti al Teatro del Popolo, cioè la sfilata di fondi commerciali, dai quali dopo il supermercato Coop sono pian piano scappati tutti i negozi che ci erano stati aperti.
Forse, prima di annunciare (per l’ennesima volta) come e dove fare la nuova biblioteca, potrebbe essere il caso di intendersi su che cosa si intende realmente con questo nome? Una biblioteca comunale come si deve, per una città che ambisce a diventare Capitale della Cultura, non è un semplice deposito di libri da dare in prestito. Deve contenere volumi per la lettura, ma anche le donazioni e i lasciti che negli anni continuano ad arrivare; occorrono spazi sani, cioè non umidi, ben illuminati e ventilati, per garantire una buona conservazione agli archivi cartacei. Deve garantire spazi consoni allo studio, alla consultazione dei documenti, alla lettura; deve offrire la possibilità di accedere a più di un computer con una buona connessione internet a chi non ne dispone ma ne ha bisogno per motivi di studio o altro. Gli spazi devono permettere di ospitare rassegne culturali, presentazioni di libri, iniziative per bambini. Ci devono essere postazioni comode, illuminate e spaziose per il personale che ci lavora, dipendente o volontario che sia. Ovviamente, occorrono servizi igienici spaziosi e dignitosi, meglio se divisi per genere, accessibili, e distinti tra quelli riservati al personale e quelli aperti al pubblico. Si deve offrire la possibilità di fare fotocopie, di poter mettere i propri effetti personali in armadietti sicuri. Come in ogni posto di lavoro, ancor più se aperto al pubblico, è necessario un luogo di ristoro, che siano macchinette automatiche o un piccolo bar.
Insomma, pensare una nuova biblioteca comunale non è come acquistare un’altra libreria per il salotto e decidere su quale parete appoggiarla.
“Riguardo alla nuova biblioteca – dice il nuovo segretario del Partito Democratico colligiano Enrico Galardi – avevamo un’idea diversa e per noi sicuramente migliore. Pensavamo a una biblioteca non in senso stretto ma come spazio polifunzionale e aggregante. L’area della ex Vulcania, tra l’altro era l’esito di un percorso partecipato. Perché́ questo progetto, se pur ambizioso, è stato abbandonato in favore di una soluzione che sembrerebbe di ripiego e, fino a questo momento, sicuramente non discussa con la cittadinanza?”.
“Perché l’amministrazione comunale ha cambiato idea rispetto a questi primi mesi di mandato – continua Galardi – dal momento che lo scorso dicembre in consiglio comunale era stata comunicata la riconferma della destinazione urbanistica nella Fabbrichina? Era stato addirittura spiegato il meccanismo, secondo il quale la realizzazione sarebbe stata messa a carico di privati, pur senza mai spiegarci come. Infatti, il progetto è tramontato velocemente. Ora assistiamo a un nuovo annuncio. Ma ci chiediamo: l’area individuata (per il momento), la ex galleria, potrà garantire caratteristiche e requisiti necessari in termini di spazi, funzioni, accessibilità e tutto il resto? E soprattutto, se questa è la decisione definitiva, come si pensa di dare avvio a una riqualificazione dell’area della Fabbrichina senza un intervento pubblico che si proponga come trainante?”.
“Sono tutte domande lecite – conclude Enrico Galardi – per contrastare la politica di propaganda messa in atto dal sindaco. Una propaganda testimoniata dagli annunci di questi mesi, che alla fine rivelano però solo tanta confusione, ripensamenti e passi indietro rispetto a soluzioni concrete. Nella città è necessario che si apra una vera discussione su questo tema”.