Danni milionari causati dalla fauna selvatica
Negli stessi luoghi nei quali il Barone Bettino Ricasoli, nel 1872, creò “la formula del Chianti” dopo tre decenni di studi e sperimentazioni, alla ricerca del “vino sublime”, sta diventando sempre più complicato e difficile coltivare la vite.
Negli ultimi cinque anni l’aspetto paesaggistico e territoriale chiantigiano ha subito dei drastici mutamenti per l’innalzamento – per la protezione delle coltivazioni – di recinzioni sempre più alte e spesse, per impedire alla fauna selvatica (cervidi e cinghiali) di danneggiare i germogli primaverili (che compromettono la produttività della vite) e l’uva, divorata da quando inizia a maturare.
Nonostante tali protezioni i danni aumentano costantemente di anno in anno e l’uva mangiata dagli animali comporta una mancata produzione di bottiglie di vino pregiato che danneggia le aziende del territorio chiantigiano per milioni di euro, mettendo a rischio tanti posti di lavoro.
De “I danni della fauna selvatica nel Chianti” si parlerà nella conferenza stampa in programma al Castello di Brolio – Gaiole in Chianti giovedi 5 novembre 2015 alle ore 11
e convocata dai rappresentanti delle aziende
Badia a Coltibuono – Roberto Stucchi; Barone Ricasoli – Francesco Ricasoli; Castello di Meleto – Guido Guardigli e Rocca di Castagnoli – Rolando Bernacchini.
Ricordiamo che queste aziende producono il loro vino su un’area complessiva di 540 ettari nel cuore del Chianti.