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SIENA. “Sono trascorsi dieci anni dalla partenza del progetto per la realizzazione della variante alla SR2, nel tratto compreso tra la strada di grande comunicazione E78 Siena-Grosseto (più correttamente Grosseto – Fano), all’altezza del viadotto di Monsindoli e lo svincolo di Monteroni d’Arbia Nord, nella frazione di More di Cuna: lo scenario che si presenta allo stato attuale è ancora quello di una grande “cattedrale nel deserto”, con decine di piloni di cemento armato abbandonati per chilometri nella campagna”, dichiara Alessandro Dolci, segretario di FN per la provincia di Siena.
“Grazie a questa situazione oggi come dieci anni fa gli automobilisti sopportano code snervanti per quella che doveva essere un’opera finalizzata proprio a far decongestionare il traffico dalla Cassia. Di seguito ripercorriamo brevemente l’iter che ha portato all’attuale nulla di fatto.
Per i lavori, iniziati nel 2010/2011 e accompagnati da roboanti comunicati di Bezzini e Ceccobao all’epoca rispettivamente Presidente della Provincia di Siena e Assessore regionale ai Trasporti, sono stati stanziati 35 milioni di euro, di cui 25 sostenuti dalla Regione Toscana, 9 dai fondi CIPE, 1 dalla Provincia di Siena: l’appalto è stato aggiudicato ad un raggruppamento di imprese di Perugia, Terni e Macerata. Nel corso degli anni la proprietà è passata dall’Anas alla Regione Toscana che ne ha delegato alcune competenze alla Provincia di Siena.
A distanza di tre anni, nel 2014, i lavori sono stati interrotti a causa della risoluzione del contratto con la ditta e della vertenza giudiziaria che ne è derivata. La Provincia pertanto ha suddiviso l’intervento di completamento in due lotti, ossia il tronco 1, verso nord e il tronco 2 verso Monteroni d’Arbia a sud, per il quale la Regione Toscana ha stanziato ancora 10 milioni di euro.
Nel 2015 il presidente della Provincia Nepi e il sindaco di Monteroni d’Arbia Berni hanno effettuato un sopralluogo sui manufatti e sui piloni già installati, comunicando l’assegnazione dei lavori entro la fine dell’autunno 2016. Sempre nel 2016 è arrivata la nomina del commissario ad acta e quindi ulteriori fondi stanziati dalla Regione Toscana, nel 2017.
Ebbene ad oggi, nel 2019, nonostante i ripetuti finanziamenti, le promesse elettorali e di ripresa dei lavori, i contenziosi giudiziari e i vari “scarica-barile” tra enti, la situazione di fatto è desolante: laddove un tempo si poteva osservare il letto del fiume Arbia scorrere nella variopinta vallata, oggi giacciono decine e decine di scheletri di piloni di cemento, delle transenne, delle inferriate, nonché ristagnanti “paludi” di acqua piovana lurida e maleodorante che si formano nei fori dei manufatti di cemento armato.
In attesa di nuove notizie – conclude Dolci – è ad ogni modo auspicabile che la Magistratura apra comunque una inchiesta sulla vicenda, in particolare sulle modalità di svolgimento delle gare di appalto, sugli interessi che vi sono sottesi, oltre a verificare la configurabilità di un danno paesaggistico e/o ambientale imputabile agli amministratori che a tutti i livelli hanno gestito, nelle rispettive competenze, l’iter dell’opera. Ciò al fine di accertare se interessi privati abbiano prevalso sul bene comune”.