di Augusto Mattioli
GAIOLE IN CHIANTI. Ci sono troppi cinghiali e caprioli nelle vigne del Chianti classico senese. Una presenza forte e anche pericolosa che mette a rischio la produzione del vino ma anche la specificità dell’ambiente. La denuncia È stata fatta questa mattina al castello di Brolio in conferenza stampa da alcuni produttori aderenti al consorzio del Chianti classico, preoccupati per gli effetti economici negativi provocati dagli animali.
Alla conferenza hanno partecipato Roberto Stucchi di Badia a Coltibuono, Francesco Ricasoli di Barone Ricasoli, Rolando Bernacchini di Rocca di Castagnoli e Guido Guardigli del Castello di Meleto. Le quattro aziende rappresentano ben 540 ettari di vigna, un fatturato da oltre 30 milioni di euro e danno lavoro a centinaia di persone.
“Sono enormi i problemi per il nostro lavoro di imprenditori del vino, i danni sono ingenti. Si è raggiunto un limite insopportabile non solo per la nostra economia ma anche per l’ambiente”, ha denunciato il barone Francesco Ricasoli. I produttori sottolineano di essere costretti a recintare le vigne per evitare la presenza degli animali con spese consistenti che incidono sui bilanci. “Ma non possiamo recintare tutto. Non abbiamo strumenti di difesa. “Abbiamo dovuto vendemmiare – dice sempre Bernacchini – non in base alla maturazione dell’uva, ma correndo come pazzi da un capo all’altro dell’azienda per raccogliere i grappoli presi di mira di volta in volta dai cinghiali. Alla fine abbiamo avuto un danno quantificato in 700 quintali di uva distrutta che danno luogo a 490 ettolitri di vino. Non abbiamo la possibilità di tutelarci, nessuno è contro la caccia ma deve essere svolta nel rispetto delle coltivazioni in atto e ci sentiamo danneggiati dal vandalismo di recinzioni a protezione delle coltivazioni divelte per fare entrare gli animali e persone che alimentano sempre sui nostri terreni la fauna selvatica, ti senti accerchiato”, puntualizza Rolando Bernacchini.
“Una situazione che non può continuare così”, aggiunge il direttore del consorzio Giuseppe Liberatore che dà un giudizio comunque positivo sulla “legge obiettivo” della Regione toscana in via di approvazione “che è un passo avanti”.
“Le leggi che regolano l’esercizio della caccia ci sono già, non c’è bisogno di crearne altre, basta solo applicarle. C’è un’economia sommersa che di fatto ha fatto proliferare la popolazione animale a beneficio di pochi. C’è anche il rischio che si diffonda una malattia pericolosa per l’essere umano, il morbo di Lyme (Borreliosi) che si trasmette da zecche e consiste nell’infezione acuta oppure cronica del sistema nervoso centrale. Badia a Coltibuono – continua Stucchi – ha calcolato un danno di
250/300 quintali di uva distrutta che avrebbero dato circa duecento ettolitri di vino, pari quasi a 30.000 bottiglie”.
Il problema secondo i produttori è come intervenire. A loro parere non funzionano le squadre dei cosiddetti ‘cinghialai’ che dovrebbero fare gli abbattimenti degli animali, gruppi che per la loro attività “hanno interesse che cinghiali e caprioli siano presenti nel territorio”, hanno puntualizzato. Un tema quello del ruolo delle squadre dei cinghialai che è emerso molto chiaramente nell’incontro di stamani. Nel corso della conferenza stampa oltre alle immagini dei danni alle colture sono state documentate anche attività di persone che danno cibo ai cinghiali. In una ripresa fatta forse con un telefonino si vede un uomo tra decine di cinghiali che li pastura. In altre foto – oltre a vedere i danni provocati ai filari delle vigne – si vedono anche pezzi di pane destinati agli animali. Attività evidentemente remunerative, che vanno in direzione contraria alla politica di contenimento degli animali.
Guido Guardigli, del Castello di Meleto quantifica in 500 quintali di uva andata persa nell’annata 2015 a fronte di continui danneggiamenti delle protezioni dei vigneti, tanto che due operai sono quotidianamente impegnati a girare i reticolati elettrici o fissi per effettuare riparazioni.
Il sindaco di Gaiole in Chianti, Michele Pescini dice che: ” La politica deve uscire dal guscio e applicare le leggi che già esistono, che sono già sufficienti a regolare la situazione. Ho un contatto continuo con il Prefetto di Siena molto interessato alla questione del sovrapopolamento di animali e della mole di danni che producono. Con gli altri comuni del Chianti abbiamo appena siglato un accordo per creare un percorso di sentieristica che va verso un turismo morbido e di qualità che va a cozzare con le recinzioni
a protezione delle coltivazioni, che imbruttiscono il territorio, impediscono il passaggio, ma che sono allo stato attuale imprescindibili per poter raccogliere uva. Auspico anche un dialogo costruttivo fra aziende e cacciatori per arrivare a ristabilire una logica di caccia più serena e permetta a tutti di svolgere le proprie attività sul territorio”.