L’ANPI ha riunito istituzioni e cittadini per ricordare. La Sindaca di Scandicci, presente a Monticchiello: “Come la guerra può generare una storia d’amore, nuova vita, una famiglia”

PIENZA. Una fascia tricolore in più, a Monticchiello, domenica 6 aprile, per la celebrazione dell’81° anniversario della battaglia vinta dai Partigiani il 6 aprile 1944, evento che segnò una svolta nella storia della Resistenza in tutta la provincia di Siena.
Oltre a quella indossata da Manolo Garosi, Sindaco di Pienza, Comune insignito della Medaglia d’oro al valor militare per la guerra di Liberazione, e a quelle dei rappresentanti di altri Comuni del territorio, con la fascia tricolore si è presentata anche Claudia Sereni, Sindaca di Scandicci (FI) e delegata della Città metropolitana di Firenze alla cultura, al lavoro e alla legalità.
È stata la stessa Sereni a spiegare il motivo della sua presenza, legata al fatto bellico dal quale sono però scaturiti profondi affetti che hanno dato vita ad una famiglia, la sua famiglia.
Claudia Sereni, 50 anni, eletta a giugno 2024 Sindaca di Scandicci per il Partito Democratico, è infatti la nipote di Vito Raspa e di Anelida Chietti, due giovani Partigiani che si conobbero a Monticchiello, per la battaglia, si innamorarono e si sposarono.
- manolo garosi – claudia sereni
- claudia sereni
- claudia sereni – manolo garosi
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Nel ’44 Anelida, che era di Pienza e viveva con la famiglia di mezzadri in un podere vicino alla Pieve di Corsignano, aveva appena 17 anni; Vito di anni ne aveva 29, veniva dalla Calabria, era Carabiniere, presso la caserma di San Quirico d’Orcia, dove era stato trasferito della Stazione di Acquaviva per la sua fede antifascista.
Come racconta in un diario inedito, rimasto alla famiglia, nella notte del 2 marzo 1944 si verificarono le condizioni per fuggire e unirsi alla resistenza partigiana. Alla fine, dopo non poche vicissitudini, Raspa riuscì ad ricongiungersi, proprio a Monticchiello, alle formazioni in via di organizzazione, sotto il comando del giovane sotto-tenente dell’Esercito Walter Ottaviani, altro militare passato nelle fila dei partigiani; gli fu affidato il comando di una squadra composta da quindici elementi con cui partecipò al vittorioso combattimento di Monticchiello; nel frattempo Ottaviani aveva assunto il nome di battaglia di Scipione mentre a Vito era stato assegnato quello di Spaccamontagne.
La giovanissima Anelida non ebbe esitazioni a schierarsi con la Resistenza e, insieme alla cugina Cordara Marchetti e a Norma Fabbrini, svolse un ruolo eroico come staffetta, occupandosi sia di curare i feriti ma soprattutto di rifornire di munizioni i partigiani, con un’azione indicata come decisiva per le sorti del combattimento.
A queste tre donne è dedicato il libro “Resistenza civile e armata in Val d’Orcia” (Alieno Editrice, 2024), frutto delle ricerche della studiosa australiana Judith Pabian, recentemente scomparsa, e curato da Silvia Calamandrei.
Come ha raccontato Claudia Sereni, Anelida e Vito si conobbero a Monticchiello, si innamorarono e si sposano; ma anche Scipione e la Lucciola (nome di battaglia di Cordara Marchetti), già fidanzati, si sposarono. E le due coppie rimasero legate da una grande amicizia, durata per tutta la vita.
“Oggi ho voluto essere qua, con grande emozione – ha detto la Sindaca Claudia Sereni, che per la prima volta ha partecipato, come famiglia, alla celebrazione –, non solo come rappresentante delle istituzioni, ma anche e soprattutto come persona legata con il sangue e con il cuore a questa straordinaria terra e all’evento che ricordiamo, senza il quale mia madre, io, e quindi la mia famiglia, non saremmo semplicemente venuti al mondo”.
“Ho sentito il desiderio e anche la responsabilità di rendere onore con la fascia tricolore alla mia storia familiare e a questa terra che è un patrimonio preziosissimo che mi porto dentro, anche in questa nuova veste di Sindaca. Rileggendo le carte e i diari di mio nonno – ha aggiunto Sereni – ho ritrovato il senso più profondo di quanto sto facendo anche oggi, in prima persona. Ho ritrovato le radici del mio impegno e questo sguardo verso il futuro, che mi porta a lavorare per il presente, radicata nel passato antifascista e combattente, pensando alle prossime generazioni”.
Organizzata, come sempre, dall’ANPI di Monticchiello, la celebrazione, che ha onorato la memoria delle due vittime Mario Mencattelli e Marino Cappelli, ha evidenziato un altro aspetto storico e cioè il ruolo della popolazione di questo antico borgo: come scrive “Spaccamontagne” nel suo diario, “i contadini, solo i contadini, fornirono incessantemente dall’8 Settembre alla Liberazione ogni aiuto. Spartirono con noi le medesime risorse, ospitarono per mesi e mesi squadre partigiane ed ex-prigionieri alleati, curarono feriti e ammalati, condivisero le nostre ansie, i nostri tormenti, le nostre pene. Il loro sostegno fu determinante, se fosse mancato, vana sarebbe stata la lotta”.
Analisi storica che coincide con quella dell’ANPI che recita: “quella di Monticchiello non fu semplicemente una vittoria partigiana ma una vera vittoria popolare, in cui molti civili mostrarono con coraggio da che parte stavano (…), uomini e donne che assistettero i partigiani in vario modo, come anche un gruppo di giovani di Pienza, studenti, operai, contadini, che fecero saltare i pali telefonici e telegrafici per impedire ai fascisti di rinforzi”.
La circostanza ha portato alla luce un aspetto intimo, familiare, della battaglia, contribuendo ad arricchire la ricostruzione storica dell’evento.