Il gip Bellini precisa "Mai chiesto di essere sollevato"
di Red
SIENA. “Non è vero – ha detto il gip Ugo Bellini – che ho chiesto di essere sollevato dalle indagini che attengono alla complessa vicenda della Banca Montepaschi. Semmai ho chiesto un aiuto per essere sollevato da tutti gli altri incombenti che mi vengono assegnati tabellarmente”. Dopo che è stata resa nota la lettera del presidente del tribunale di Siena al CSM, il gip Bellini ha deciso di indire una conferenza stampa, nel corso della quale ha fatto alcune precisazioni in merito. Le comunicazione che il presidente del tribunale di Siena Stefano Benini ha fatto al consiglio superiore della magistratura, al presidente della terza sezione dello stesso Csm, al presidente della corte di appello di Firenze ha chiarito quali sono problemi che riguardano il tribunale di Siena e sottolineato le difficoltà dello stesso Bellini che come gip deve sobbarcarsi una consistente mole di lavoro in seguito all’inchiesta su Banca Mps, lavoro che si aggiunge ad altri impegni. Bellini ha ricordato di essere attualmente impegnato anche nel settore civile e in quello fallimentare e vorrebbe esserne sollevato “per meglio concentrarmi sulle richieste dei Pm che riguardano la banca. Mai avuto paura, mai mi sono sentito di non essere all’altezza e non l’ho mai manifestato”.
Insomma, in Procura ed in tribunale sembra proprio ci sia tensione, vuoi per lo stress di un evento così coinvolgente per la città come la questione Mps, vuoi per l’effettiva mancanza di personale per la gestione di problemi così complessi.
Sul tema interviene anche Maurizio Gasparri (PdL) che ha dichiarato: “Quanto sta accadendo al tribunale di Siena è inquietante. A causa della mole di lavoro, data la complessità dell’inchiesta sul Monte Paschi, il presidente del tribunale ha chiesto rinforzi. Addirittura il gip che si occupa del caso avrebbe pregato di essere sollevato dalla funzione per la gravosità dell’incarico. I dubbi sui reali motivi di queste lagnanze sono legittimi”. Il vicepresidente del Senato ricorda anche che “la condizione dei nostri tribunali sotto il profilo degli organici è tale per cui immaginare un incremento di forze è molto difficile. E questo a Siena lo sanno bene. Non vorremmo quindi che i giudici avessero messo le mani avanti per giustificare la lentezza con la quale si sta procedendo nel far luce sugli scandali finanziari della sinistra”. Gasparri si chiede se questo non sia “un tentativo di insabbiare la vicenda” e continua: “Ci auguriamo di no. Sarebbe gravissimo se le cose stessero in questi termini. E se soprattutto, per non avere a che fare con una inchiesta tanto scottante, si preferisse essere sollevati dall’incarico”.
Ma i timori di Gasparri sembrerebbero dissipati dalle dichiarazioni di Bellini riportate sopra.
Il rischio che l’inchiesta Antonveneta si impantani e finisca in una bolla di sapone è più forte che mai. Dietro la facciata delle dichiarazioni di rito e delle schermaglie dei partiti, esiste in Italia una volontà bipartisan di non arrivare mai al compimento della ricostruzione dei fatti, delle responsabilità e delle pene, e questo vale per tutti i grandi processi in cui è implicata la politica: in questo caso basta non fare nulla. Il capro espiatorio c’è, verrà processato quanto prima. Ma già il primo sassolino nell’ingranaggio della macchina giudiziaria è stato gettato: il giudice Francesco Bagnai a settembre andrà via da Siena. Non si sa se sarà sostituito, ma chi ne prenderà il posto dovrà avere il tempo di studiarsi le carte da capo: se non avesse tentato la fuga a Londra oggi anche Baldassarri sarebbe a casa sua… I grandi inquisiti Mussari e Vigni non vanno dentro perché collaborano con la giustizia, ma quello che dicono rimarrà segreto e, dopo la probabile prescrizione, secretato, inconoscibile e inutilizzabile.
Che la Procura di Siena, per la sua storia e la quantità del suo organico, non fosse adeguata a sostenere un terremoto politico-finanziario del valore di oltre 30 miliardi di euro complessivi era evidente fin da principio. Ingroia, ad esempio specializzato in mafie e criminalità organizzata, ha buone ragioni per non voler andare ad Aosta, procura che nello specifico non ha mai avuto una storia di mafia da offrire. Eppure l’ex ministro “tecnico” Severino non ha ritenuto necessario rinforzare l’organico del Tribunale di Siena, almeno come hanno fatto i locali magistrati per le indagini, che hanno chiesto l’aiuto della Guardia di finanza di Roma, più numerosa e specializzata in reati finanziari di primo livello, affiancando la caserma di Via Curtatone.
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