Restano due settimane per presentare un piano credibile
SIENA. L’imperativo categorico in Mps è fare cassa e trovare nuovi soci. Oltre a rivedere il piano di ristrutturazione alla luce delle richieste capestro della Commissione UE. In due settimane il management della banca – secondo quanto affermato dal cda (in riunione oggi 11 settembre, sperando che la data non sia infausta) – risponderà alle richieste europee con un aggiustamento del piano. Difficile pensare che in così poco tempo (e con i paletti messi da Almunia) si trovi una soluzione che permetta di salvare quel che resta della banca più antica del mondo. Il tandem ha i suoi bei pensieri… primo fra tutti come cedere le partecipate (esclusa Mps Leasing) in un momento così critico. L’idea di rimettere sul mercato ad prezzo di 8-900 milioni Antonveneta pare un’ipotesi folle, dopo averla pagata 10 miliardi (e il resto), ma non è esclusa dagli analisti.
Poi c’è il problema dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi, mica bruscolini. Visti anche qui i tempi ristretti Mps potrebbe dover ricorrere al bail in, cioè alla ricerca di risorse nell’ambito dei propri soci, dipendenti, creditori, correntisti eccetera, secondo i nuovi dettami di Ecofin. L’argomento è stato motivo di polemica al recente meeting di Cernobbio tra Lorenzo Bini Smaghi, che ritiene l’operazione un modo per far scendere ancora la fiducia degli investitori, e Joaquin Almunia, per il quale è logico far perdere denaro a chi ha investito in una banca “ballerina”. Ecofin propende per il “bail in” per evitare che – come è avvenuto finora con il bail out – le banche siano salvate dai contribuenti (che non possono scegliere, peraltro). Con questo sistema azionisti e sottoscrittori di bond rischiano di perdere tutto quello che hanno investito. E Bini Smaghi potrebbe non essere dalla parte del torto… Per tacere del credit crunch, che già a luglio è sceso su base annua del 3,7% (dato in crescita). In più, la Borsa intanto sembra non credere nelle possibilità del Monte e il titolo ieri ha perso oltre il 4 per cento, ma oggi ègià in recupero sensibile.
Il capitolo Fondazione meriterebbe un articolo a parte, ma diciamo che alla Mansi viene chiesto essenzialmente di trovare nuovi soci, grandi o piccoli, purchessiaper cercare di salvare la banca. Non si vede come si possa pensare di ottenere tale risultato mettendo sul piatto una Fondazione “spennata” e con pochissimi atout da giocare. Anzi, con un sacco di soldi da rifondere a banche in possesso di azioni del Monte a garanzia. E se decidessero di voler rientrare e vendessero tutte?