SIENA. “Si tratta di distinguere tra campanilismo e identità”. Comincia così il convegno tenutosi questa mattina (4 settembre) al Teatro dei Rinnovati per il 750esimo anniversario dalla storica battaglia di Montaperti che decretò la vittoria dei ghibellini senesi sui guelfi fiorentini.
4 settembre 1260. Sono passati precisamente sette secoli e mezzo dallo scontro che sancì la storica rivalità tra le due città toscane e l'argomento continua a suscitare l'interesse della popolazione senese. Sia per richiamo alle origini, sia per spirito di rivalità, sia pura curiosità storica, il convegno organizzato dal Comune ha attirato un consistente numero di spettatori nella platea del nuovo Teatro dei Rinnovati, evento non particolarmente frequente in occasione di un dibattito storico-culturale.
Scopo della giornata, oltre al mero atto commemorativo, è stato quello di ricostruire il contesto storico e politico in cui si sono svolti i fatti, con l'intento di inserirli in un'ottica completa e internazionale e scindere il piano documentato da quello leggendario-popolare.
Alla tavola rotonda presenziata dal sindaco Cenni sono stati invitati per questo motivo quattro autorevoli relatori: Kai-Michael Sprenger ricercatore dell'Istituto Storico Germanico di Roma, Rosa Maria Dessì docente dell'Università di Nizza, Mario Ascheri professore di diritto medievale e moderno alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre e Duccio Balestracci docente di storia medievale presso l'Ateneo senese.
“La presenza di questa illustri interlocutori consentirà di ricostruire il contesto storico, sociale e politico in cui ha avuto luogo la battaglia di Montaperti, tanto importante per la nostra città, e permetterà di svincolarla da letture eccessivamente parziali e di restituirle al tempo stesso il forte valore identitario che ha per il nostro territorio”, ha precisato il sindaco Cenni nell'introdurre gli interventi dei relatori.
Ed in effetti, durante le tre ore in cui si è articolato il dibattito, ognuno degli interventi si è caratterizzato per una serie di specificità atte a delineare i contorni di una storia approfondita e ben documentata.
Molto interessanti le informazioni espressamente storiche che sono emerse dalle relazioni dei docenti non senesi le quali hanno adeguatamente mostrato le origini del conflitto, inquadrando la situazione toscana nella più ampia situazione internazionale (Kai-Michael Sprenger), passando attraverso la ridefinizione, sia in senso etimologico e sia nell'accezione popolare, dei termini “guelfo” e “ghibellino” (prof.ssa Dessì) e tramite anche il chiarimento dei motivi per cui Siena aveva finito, nel corso del tempo, per assumere il ruolo di capoluogo della politica filo-imperiale in Italia (prof. Ascheri). Particolarmente e avvincente tuttavia si è rivelato l'intervento del prof. Balestracci che, forse grazie al suo legame con la città e al punto di visto adottato nella relazione, è riuscito a restituire un punto di vista interessante e viscerale della vicenda.
“Il mito di Montaperti”, ovvero la lettura e la tradizione orale e testuale attraverso cui i fatti del 4 settembre e dei periodi immediatamente precedente e successivo sono giunti fino a noi.
“Il mito di Montaperti si sviluppa paradossalmente a partire da alcune cronache guelfe fiorentine che in epoca basso-medievale nacquero allo scopo di gettare discredito sulla vittoria senese, negandone talvolta il reale avvenimento, a tutto discapito chiaramente della parte ghibellina di Firenze”, ha iniziato il prof. Balestracci. Passando attraverso un periodo di acume invece nella cittadinanza senese durante il Rinascimento, sull'onda della necessità della rinascita di un'identità civica senese e della rivendicazione di un passato importante, il mito di Montaperti è giunto a una particolare accentuazione in epoca ottocentesca, come simbolo antico del diritto alla libertà e all'autodeterminazione dei popoli contro la tirannide delle grandi potenze.
Quel che conta però della lettura di Balestracci è la posizione dell'accento sull'aspetto viscerale e popolare della questione. Cosa c'è alla base della persistenza del mito di Montaperti? Necessità di identificazione, di riconoscimento di radici storiche e di senso di appartenenza secondo il professore, il quale però conclude il suo excursus con una sostanziale precisazione.
“Esistono due aspetti del mito: uno che si nutre di campanilismo e uno che si nutre di identità. È fondamentale, anche se molto difficile, capire dove si colloca il confine. Il campanilismo, secondo me, sopravvive e dovrebbe limitarsi oggi a territori come il campo da calcio. L'identità è una questione più complessa: richiede un'operazione di auto-conoscenza che arricchisca gli elementi dell'inconscio collettivo con la consapevolezza dell'identità.”
Ricercare l'identità per stemperare il campanilismo è probabilmente il miglior modo per commemorare la battaglia di Montaperti.