Gli attuali vertici dell'ateneo si sono incamminati nella direzione opposta a quella della cultura della trasparenza
di Giovanni Grasso
SIENA. È arrivato il momento di verificare per l’Ateneo senese il rispetto delle disposizioni di legge riguardanti la trasparenza, la valutazione della performance e il merito. Secondo il D. Lgs. 150/2009, «la trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principî di buon andamento e imparzialità.» Ebbene, dall’Università di Siena, che ha il triste primato dei bilanci truccati in più anni e di una voragine nei conti da 250 milioni d’euro, ci si sarebbe aspettata una scrupolosa applicazione di questa norma, proprio per favorire un controllo diffuso del rispetto dei principî di una buona amministrazione. Invece gli attuali vertici dell’ateneo si sono incamminati nella direzione opposta a quella della cultura della trasparenza, ostacolando ogni forma di controllo capillare dal basso hanno instaurato una gestione autocratica del tutto inefficace a risolvere le emergenze. Di seguito solo alcuni preoccupati esempi.
1) Assenza dal sito internet dei bilanci dell’Ateneo e delle società consortili e partecipate.
2) Mancata pubblicizzazione di tutte le informazioni relative a stipendi, indennità, gettoni di presenza, entrate per conto terzi, proprietà riguardanti il rettore, pro rettore, Presidi di Facoltà, delegati del rettore, membri del Senato accademico e del CdA, Direttori di Dipartimento, docenti nominati dall’Ateneo nei Comitati scientifici e nelle società consortili e partecipate.
3) Esame dei verbali degli organi collegiali consentito ai soli possessori di password certificata, con <schedatura dell’utente e stampigliatura del suo nome su tutte le pagine del documento.
4) Il nome del Direttore amministrativo – fatto <prima ancora che si decidesse di bandire il concorso – è stato scelto tra altri 49 candidati, nonostante una sua <condanna per illecito amministrativo-contabile nell’esercizio delle sue funzioni di dirigente dell’Università di Bologna.
5) Consiglio di Amministrazione esautorato nella nomina del Direttore amministrativo in quanto non ha discusso ed approvato la retribuzione, non ha fissato gli obiettivi di lavoro e, quindi, impossibilitato a valutare l’indennità di risultato.
6) La <retribuzione del Direttore amministrativo, non sottoposta all’approvazione del CdA, è di circa 30 mila EUR l’anno superiore a quella prevista per il nostro ateneo, con un evidente danno erariale.
7) Pratica dei <preconsigli d’amministrazione finalizzati a precostituire l’unanimità su argomenti particolarmente spinosi.
8) Immotivata riorganizzazione dell’amministrazione centrale con attribuzioni di responsabilità a soggetti privi delle competenze richieste, con evidenti disservizi in settori delicati e strategici.