L’operazione prendeva le mosse nel 2006, quando un’importante società senese, per far fronte alle proprie difficoltà economiche, ha iniziato a presentare allo sconto presso diversi istituti di credito numerose fatture false, al fine di ottenere indebite anticipazioni bancarie. Insospettita dal mancato rientro delle somme anticipate ed interpellati alcuni dei presunti debitori, che nulla sapevano in merito, una delle banche così truffate presentava denuncia. Veniva accertato che le fatture false erano emesse, in parte, a clienti compiacenti, che sfruttavano la situazione, annotando anche nelle proprie contabilità dei costi mai sostenuti, ed ottenendo in tal modo illeciti vantaggi fiscali, ed in parte erano compilate a nome di clienti del tutto ignari.
Le anticipazioni incassate venivano utilizzate in parte per tamponare i debiti contratti con i fornitori e con il sistema bancario; contestualmente alcune somme di denaro venivano distratte e messe al sicuro anche su conti esteri.
Gli inquirenti, nel corso delle investigazioni, hanno eseguito decine di perquisizioni e sequestri presso le numerose imprese coinvolte e presso le abitazioni dei rispettivi responsabili, esaminato copiosa documentazione contabile, extracontabile e bancaria sottoposta a sequestro, ovvero acquisita presso vari istituti di credito operanti in Toscana, oltre ad aver interrogato più di cinquanta soggetti emersi nell’ambito dell’indagine. Preziosi e laboriosi sono stati infine i conseguenti accertamenti bancari.
Le attività di polizia economico finanziaria hanno messo in luce che parte dei proventi illeciti derivanti dalla truffa al sistema bancario sono stati successivamente riciclati, attraverso una sofisticata metodologia, che prevedeva l’interposizione di società fiduciarie sammarinesi e l’operatività su una banca della Repubblica del Titano.
In particolare gli indagati hanno ottenuto cospicui affidamenti bancari da un istituto di credito della Repubblica di San Marino, in assenza di qualsivoglia idonea garanzia; i finanziamenti ottenuti venivano erogati a società definite "veicolo", amministrate di fatto dagli indagati attraverso mandati sottoscritti con società fiduciarie di diritto estero, al fine di essere impiegati nel territorio nazionale in attività apparentemente lecite.
È stato accertato che circa 5 milioni di euro erano a disposizione di una delle società veicolo, su un conto corrente nazionale.
Le somme riciclate erano pronte per essere impiegate in parte in un’operazione che avrebbe portato all’acquisizione di una società fallita attraverso la proposta di un concordato fallimentare; parallelamente, ed extra concordato, sarebbero state inoltre pagate alle banche creditrici, in percentuale superiore a quello previsto dalla procedura concordataria, gli ingenti debiti della fallita.
In tutto questo, anche il recupero a tassazione di imposte evase ha avuto la sua parte. Infatti, contemporaneamente alle attività investigative, le Fiamme gialle hanno eseguito 8 verifiche fiscali nei confronti delle imprese che avevano annotato l’emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per circa 10 milioni di euro; inoltre, sono stati rilevati costi indeducibili per oltre 14 milioni di euro, redditi sottratti a tassazione per circa 7 milioni di euro, IVA per quasi 2 milioni di euro ed IRAP per oltre 4 milioni di euro.
Le indagini proseguono in attesa dell’invio, da parte degli istituti bancari presso cui gli indagati avevano affidamenti o conti correnti, della copiosa documentazione inerente i rapporti stessi, in modo da accertare le reali garanzie a base delle anticipazioni concesse dalla banca estera nonché definire l’effettivo ruolo di coloro che hanno posto in essere la complessa operazione attualmente al vaglio della Magistratura.