SIENA. "Progetti esagerati, sedi inutili, più impiegati che professori. E iscritti in calo. Non basta: ci sono merchandising all'americana e perfino un'etichetta discografica e una radio. Il risultato è un buco di bilancio che sfiora i 250 milioni". Questo il sommario dell'articolo apparso su Panorama questa mattina (31 ottobre) a firma di Antonio Rossitto – richiamato anche in prima pagina – che prende l'ateneo di Siena ad esempio della cattiva gestione delle Università italiane.
I numeri della profonda "notte" calata su Siena, come mostra la foto d'apertura del pezzo, non lasciano spazio a nessuna attenuante circa il comportamento sconsiderato degli amministratori che si sono succeduti al governo dell'Università.
Il pezzo attacca descrivendo la vita tranquilla alla Certosa di Pontignano. Un centro congressi che, secondo l'articolista, rende circa 400mila euro l'anno e costa tre volte tanto per la copertura degli emolumenti ai dipendenti assegnati al buon funzionamento della struttura. Ben 41 persone – tra cuochi, camerieri, giardinieri, lavapiatti e portinai – che, serenamente, trascorrono le loro giornate in attesa di un congresso.
La meravigliosa Certosa è solo la prima delle scelte amministrative dell'Ateneo di Siena che viene descritta nella sua veste poco produttiva – perchè male gestita – e molto onerosa.
Fino a qualche tempo fa si era parlato solo di debiti con l'Inpdap – il grosso del debito che pare ammontare a 250milioni di euro – e con le banche. Adesso, nel pieno della polemica sulla scuola, dei tagli indiscriminati all'istruzione e della legge Gelmini, ogni singolo aspetto della gestione degli Atenei italiani viene sviscerato, sezionato, criticato. Vuoi per una effettiva china spendereccia degli atenei, vuoi per una sempre più pesante mannaia governativa che si è abbattuta durissima sul diritto allo studio, snaturandone il fondamentale ruolo nella società.
In questo momento in cui si gioca al "tutti contro tutti" – e, a rimetterci, abbiamo il vago sospetto che siano solo gli studenti – Siena viene presa a fulgido esempio di sperpero e di cieca gestione delle risorse.
Da Pontignano agli uffici del Rettorato: "Il rettore Silvano Focardi ha ben otto segretarie personali. – si legge ancora nell'articolo di Panorama – A confronto, le tre su cui può contare il direttore amministrativo Luciano Bigi, un laureato in filosofia teoretica a cui sono affidati i conti dell'ateneo, sembrano poca cosa".
Il numero dei bibliotecari? Sarebbero 135 sparsi nelle biblioteche dell'Università
Il numero degli addetti alla comunicazione? 7 dipendenti all'on-line, 4 all'ufficio stampa, 8 alle relazioni esterne "tutti compiti che loro stessi faticano a distinguere" commenta Rossitto.
L'enumerazione dei dipendenti arriva ad una conclusione che a Siena si era raggiunta da qualche tempo: il numero degli amministrativi dell'ateneo di Siena è davvero eccessivo ed immotivato e supera addirittura quello dei professori. 1350 amministrativi contro i 1060 docenti. Un costo diventato sempre più gravoso per l'università che, anzi, non si arrende in questa politica di assunzioni e, recentemente ha pubblicato un bando per la stabilizzazione di altri 40 precari.
Elefantiasi, gigantismo: termini che, nell'articolo di Panorama "si sprecano" e che mirano tutti a sottolinerare un'allegra gestione che ben poco aveva di che allargarsi, visto anche il numero degli iscritti che scendeva gradualmente ma inesorabilmente negli ultimi anni. Tutto veniva speso per mostrare la grandeur dell'Università di Siena, senza considerare la "sostanza". Questa la conclusione raggiunta dall'articolista di Panorama che prosegue ad esaminare la gestione senese elencando le spese – e i profitti – delle sezioni staccate dell'ateneo. Follinica, San Giovanni Val d'Arno, Colle di Val d'Elsa, Arezzo, Grosseto. Piccoli distaccamenti che costano uno sproposito ma che, anche in ordine di iscritti, lasciano molto a desiderare.
E poi, ancora, i gadget con tanto di stemma storico dell'università acquistabili in rettorato – che non si sa quanto fruttano – e i magazzini acquistati per fare spazio ad un romanditico e costoso "Caffè dell'artista" che poi non ha mai aperto i battenti.
In tutto questo sperpero di denaro poco o nulla arriva a quelli che dovrebbero essere gli aspetti peculiari dell'Università, culla e dimora prediletta della cultura e della ricerca.
Il professor Giovanni Grasso, docente di anatomia umana a Siena e da sempre attivo nella contestazione alla gestione "allegra" degli atenei d'Italia, citato anche nell'articolo di Panorama segnala, in un articolo apparso qualche giorno fa sul Corriere fiorentino (e pobblicato anche sul suo blog "Il senso della misura") "Siamo l’unica università che nel 2008 non ha bandito concorsi per personale docente e il reclutamento di assegnisti, borsisti, giovani ricercatori e dottorandi che dovrebbero sostituire i docenti che vanno in pensione, è ormai precluso".
Le idee sulle cause della "bancarotta" dell'Ateneo senese, per Grasso sono chiarissime e partono dalla gestione sbagliata avviata dall'allora rettore Piero Tosi. "L’ombra lunga della sua gestione graverà sul nostro ateneo ancora per molto tempo avendo lasciato debiti per 160 milioni di euro negli esercizi 2002/2005, anni in cui i bilanci sono stati a mio avviso imbellettati. E questa situazione comprende esubero di amministrativi e, in qualche caso di docenti, cogestione sindacale, atteggiamento passivo e rinunciatario degli organi di governo che hanno trasformato l’ateneo senese, nell’indifferenza degli stessi docenti, in un ente assistenziale ormai alla bancarotta. Una situazione resa nota nel 2006 dall’attuale rettore Focardi".
L'assordante silenzio che ha accompagnato gli ultimi due anni di "gestione in deficit" dell'Università di Siena non può certo essere giustificato o dimenticato sotto la tonnellata di articoli e dichiarazioni di addetti e non addetti ai lavori.
Pur sapendo delle baronie, delle collusioni e delle forme di assoggettamento ai poteri forti presenti e vive nelle università italiane, l'opinione pubblica si è sempre rassegnata – quando non ha potuto avvantaggiarsene – alzando il proprio "senso della misura".
Adesso che oltre proprio non si può andare, che tutto è da rivedere perchè non ci sono più corde da tirare, il compito di coloro che "pensano" dovrebbe essere trovare una soluzione. E non può certo essere quella di dare vita a fondazioni private.
Tenuto conto che Focardi ha più volte accennato all'alienazione di qualche tesoro immobiliare e che necessariamente si dovrà rinunciare a qualche affitto "di rappresentanza" come quello di Palazzo Chigi Zondadari forse una soluzione al debito dell'ateneo senese potrebbe essere trovato a breve, magari conservando e potenziando anche le tante idee innovative che vengono indicate dall'articolo di Panorama, ovviamente in senso non proprio positivo.
Resta da vedere quanta voglia ci sia realmente di cambiare "le regole del gioco": quanto si vuole credere nella validità anche economica di una amministrazione "pubblica", "pulita" e "chiara", dove regni la meritocrazia e venga dato spazio alla fucina di pensiero e di potenzialità che l'Italia pare avere momentaneamente "chiuso per disinteresse".
In una critica che, oggi, non può trovare validi appigli di difesa, e che va ben al di là della appartenenza politica – tenuto conto che in tutti gli atenei i partiti avevano le loro baronie da tutelare, Siena compresa – non resta che sperare in una impennata di orgoglio di quello così radicato tra le mura della città del Palio e aspettare il momento della "rivincita senese" ed il giorno in cui, numeri alla mano, si potrà raccontare la risalita della china.
La grandeur dell’ateneo senese in frantumi
di Zelia Ruscitto