L'intervento degli studenti di Siena sulla crisi, il lavoro e molto altro
SIENA. Oggi 9 Marzo come studentesse e studenti di questo ateneo abbiamo deciso di organizzare questo presidio in previsione della vostra visita oggi a Siena, per riportare nuovamente all’attenzione pubblica la nostra voce, perché, come abbiamo sempre ribadito in questi anni, non poteva solo essere la caduta del Governo Berlusconi a determinare un miglioramento della situazione del nostro paese e più in generale del mondo del lavoro. Voi avete dichiarato più volte di essere un Governo di tecnici e di professori, che le vostre scelte sono frutto di elaborazioni teoriche ed accademiche e non di valutazioni politiche. Noi a questa tesi non abbiamo
mai creduto, proprio perché conosciamo bene il mondo accademico e siamo convinti che non esista un sapere accademico imparziale e che ogni scelta sia pienamente politica, soprattutto quando si parla di università e di politiche del lavoro.
Com’è possibile sostenere che un quadro così drammatico, come quello in cui riversa il nostro paese e l’Europa nel complesso, possa essere risolto attraverso le politiche di austerity che l’Unione Europea continua a imporci, con l’imposizione del ricatto del debito?. Com’è possibile che la chiave di volta della crisi sia tutta nel far scendere lo spread di qualche punto? Noi non dimentichiamo ciò che era scritto nella lettera di Draghi e Trichet, non dimentichiamo quello che l’Europa sta sperimentando in Grecia, per questo non accettiamo che ci si riempia la bocca di belle parole in convegni come questo.
Non è con l’austerity che usciremo dalla crisi, non ci fidiamo delle valutazioni di qualche agenzia di rating, se i problemi dell’Italia nascono dal debito pubblico, pretendiamo un audit pubblico e trasparente per capire in che modo il nostro debito pubblico si è generato, quali politiche lo hanno generato e soprattutto chi deve pagarlo! Ripartire da un meccanismo realmente democratico come l’audit è l’unica strada per uscire veramente dalla crisi, numerosi esempi nel mondo sono lì a dimostrarlo.
Questo perché non crediamo alle favole di chi dice che il nostro debito nasca dall’eccessiva spesa pubblica in welfare o politiche sociali. Sappiamo bene che la spesa pubblica nel nostro paese è sempre stata di molto inferiore alla media europea, così come inferiori sono state le tasse su patrimoni e rendite. Impossibile sostenere che l’istruzione italiana abbia vissuto nel lusso: noi negli ultimi anni, qui all’università abbiamo visto solo tagli , tagli e ancora tagli: il debito non l’abbiamo certo creato noi che studiamo in aule troppo affollate perché la Gelmini ha bloccato il turn over, che non riceviamo più la borsa di studio perché hanno tagliato di più del 50% il fondo nazionale o che non abbiamo più biblioteche per studiare, non l’abbiamo creato noi, che facciamo sacrifici per pagare gli affitti altissimi, spesso a nero.
Caro ministro Fornero, siamo fermamente convinti che non si esca dalla crisi con una riforma del lavoro che mette al centro gli interessi delle imprese, quelle stesse imprese che stanno esternalizzando la produzione in paesi come la Serbia o la Cina, dove i costi della manodopera sono più bassi e non ci sono i diritti dei lavoratori. Non accetteremo che si cancellino diritti fondamentali come l’art 18 in nome di fantomatici diritti per noi giovani. Non accetteremo scambi: vogliamo che si cancellino le 46 forme precarie previste, vogliamo che si estendano le tutele dei lavoratori garantiti anche ai non garantiti. Ci rivolgiamo inoltre a lei, Ministro Fornero, anche per la sua delega alle Pari Opportunità e visto che ieri si ricordava l’8 marzo, le chiediamo in che modo si possa parlare dei diritti delle donne in Italia se le conseguenze delle politiche di austerity e la precarietà (si pensi ai provvedimenti sulle dimissioni in bianco) colpiscono soprattutto le donne, costrette sempre più a fare scelte obbligate tra lavoro e lavoro di cura.
Per questi motivi oggi noi studenti, studentesse e precari, manifestiamo la nostra solidarietà a chi è sceso in piazza, alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici, perché, come loro, sappiamo bene che non c’è democrazia senza diritti e garanzie nel proprio lavoro, e altrettanto non c’è paternale né diktat che tenga di fronte al fatto che la disoccupazione nel nostro paese non dipende dalla mancanza di lavoro, ma dall’assenza di investimenti,di liquidità disponibile, di una vera redistribuzione della ricchezza.
LinkSiena e Unione degli Studenti Siena
(Foto Corrado De Serio)
mai creduto, proprio perché conosciamo bene il mondo accademico e siamo convinti che non esista un sapere accademico imparziale e che ogni scelta sia pienamente politica, soprattutto quando si parla di università e di politiche del lavoro.
Com’è possibile sostenere che un quadro così drammatico, come quello in cui riversa il nostro paese e l’Europa nel complesso, possa essere risolto attraverso le politiche di austerity che l’Unione Europea continua a imporci, con l’imposizione del ricatto del debito?. Com’è possibile che la chiave di volta della crisi sia tutta nel far scendere lo spread di qualche punto? Noi non dimentichiamo ciò che era scritto nella lettera di Draghi e Trichet, non dimentichiamo quello che l’Europa sta sperimentando in Grecia, per questo non accettiamo che ci si riempia la bocca di belle parole in convegni come questo.
Non è con l’austerity che usciremo dalla crisi, non ci fidiamo delle valutazioni di qualche agenzia di rating, se i problemi dell’Italia nascono dal debito pubblico, pretendiamo un audit pubblico e trasparente per capire in che modo il nostro debito pubblico si è generato, quali politiche lo hanno generato e soprattutto chi deve pagarlo! Ripartire da un meccanismo realmente democratico come l’audit è l’unica strada per uscire veramente dalla crisi, numerosi esempi nel mondo sono lì a dimostrarlo.
Questo perché non crediamo alle favole di chi dice che il nostro debito nasca dall’eccessiva spesa pubblica in welfare o politiche sociali. Sappiamo bene che la spesa pubblica nel nostro paese è sempre stata di molto inferiore alla media europea, così come inferiori sono state le tasse su patrimoni e rendite. Impossibile sostenere che l’istruzione italiana abbia vissuto nel lusso: noi negli ultimi anni, qui all’università abbiamo visto solo tagli , tagli e ancora tagli: il debito non l’abbiamo certo creato noi che studiamo in aule troppo affollate perché la Gelmini ha bloccato il turn over, che non riceviamo più la borsa di studio perché hanno tagliato di più del 50% il fondo nazionale o che non abbiamo più biblioteche per studiare, non l’abbiamo creato noi, che facciamo sacrifici per pagare gli affitti altissimi, spesso a nero.
Caro ministro Fornero, siamo fermamente convinti che non si esca dalla crisi con una riforma del lavoro che mette al centro gli interessi delle imprese, quelle stesse imprese che stanno esternalizzando la produzione in paesi come la Serbia o la Cina, dove i costi della manodopera sono più bassi e non ci sono i diritti dei lavoratori. Non accetteremo che si cancellino diritti fondamentali come l’art 18 in nome di fantomatici diritti per noi giovani. Non accetteremo scambi: vogliamo che si cancellino le 46 forme precarie previste, vogliamo che si estendano le tutele dei lavoratori garantiti anche ai non garantiti. Ci rivolgiamo inoltre a lei, Ministro Fornero, anche per la sua delega alle Pari Opportunità e visto che ieri si ricordava l’8 marzo, le chiediamo in che modo si possa parlare dei diritti delle donne in Italia se le conseguenze delle politiche di austerity e la precarietà (si pensi ai provvedimenti sulle dimissioni in bianco) colpiscono soprattutto le donne, costrette sempre più a fare scelte obbligate tra lavoro e lavoro di cura.
Per questi motivi oggi noi studenti, studentesse e precari, manifestiamo la nostra solidarietà a chi è sceso in piazza, alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici, perché, come loro, sappiamo bene che non c’è democrazia senza diritti e garanzie nel proprio lavoro, e altrettanto non c’è paternale né diktat che tenga di fronte al fatto che la disoccupazione nel nostro paese non dipende dalla mancanza di lavoro, ma dall’assenza di investimenti,di liquidità disponibile, di una vera redistribuzione della ricchezza.
LinkSiena e Unione degli Studenti Siena
(Foto Corrado De Serio)