di Alessandra Siotto
SIENA. Anche la città del Palio si mobilita contro il provvedimento del ministro Maroni che prevede di schedare tutti i bambini rom e sinti con le loro impronte digitali. L'iniziativa di protesta si è svolta questa mattina (23 luglio) nella zona del mercato settimanale, dove era posizionato il gazebo di Arci, Cgil e Anpi. Nella mattinata circa 250 persone si sono fermate davanti alla statua di Santa Caterina per lasciare volontariamente le loro impronte, segni di disapprovazione che poi saranno raggruppati insieme ad altri raccolti in tutta Italia e sottoposti all'attenzione del ministero.
Serenella Pallecchi, presidente dell'Arci di Siena, si è dichiarata soddisfatta: “è andata bene, la cosa ha catturato l'attenzione e tutti quelli che si sono fermati hanno dimostrato interesse verso l'iniziativa; qualcuno è venuto anche apposta. Chi ha aderito è convinto, come noi, che questo provvedimento sia una violazione dei diritti di cittadinanza e più in generale dei diritti umani. Non a caso l'iniziativa è sostenuta dalle tre grandi associazioni che nella società civile si battono per i diritti quotidianamente, e sono nate proprio per questo”.
I passanti che hanno aderito alla protesta, tra cui anche molti ragazzi, si sono detti contrari a questo provvedimento che è considerato “uno degli atti che sono sintomo di regressione civile nel nostro paese; le identità di ciascuno non si costruiscono in contrapposizione a quelle degli altri; è un provvedimento inutile e discriminatorio”.
Ma oltre alle adesioni, c'è stato anche qualche “no”: alcuni hanno affermato che il decreto di Maroni è giusto ed hanno risposto ai promotori del gazebo dicendo “ma lei non li guarda i telegiornali?!”. “Reazioni di questo tipo – ha commentato Pallecchi- sono legate anche a fenomeni di disinformazione. Le persone sono sempre più insicure, più diffidenti, più chiuse e si diffonde progressivamente un senso di precarietà della vita che porta alla paura. Paura dell'altro, una paura pericolosa, da gestire con delle risposte forti da diffondere in tutti i luoghi di aggregazione. Bisogna parlare con le persone di queste cose e sensibilizzare l'opinione pubblica”.
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