Gentile Direttore,
nello scorso mese di luglio in tutte le sedi universitarie italiane si sono tenute infuocate assemblee contro il DL 112 che impone alle università italiane una discreta cura dimagrante offrendo loro la possibilità di costituirsi in fondazioni di diritto privato con tutti i vantaggi connessi per il reperimento di finanziamenti aggiuntivi.
Da ogni angolo del paese, anche da Siena, si sono levate grida furibonde contro "i tagli alla ricerca", contro "la privatizzazione del sapere" e via sindacaleggiando.
Riteniamo che sia l'ora di parlare chiaro evitando il perpetuarsi di equivoci che fanno comodo alla potentissima lobby universitaria e ai sindacati che per sacrosanti interessi di bottega le tengono bordone. E' vero che l'Italia spende da sempre meno della media degli altri paesi industrializzati per la ricerca (0,9 del PIL contro 1,4 della media Ocse), ma è anche vero che i fondi statali devoluti alle università non finanziano la ricerca, bensì gli stipendi del personale: si è arrivati al paradosso di considerare virtuose e ben gestite le università che spendono per il personale meno del 90% del Ffo (Fondo di finanziamento ordinario statale) e sono ben poche, meno di un terzo del totale. In pochi anni i costi del personale sono raddoppiati: i docenti sono in grande maggioranza anziani e quindi godono di stipendi elevati, la componente amministrativa è pletorica ed in continua crescita. I pochi finanziamenti disponibili per la ricerca sono distribuiti a pioggia senza adeguato vaglio dei meriti scientifici dei richiedenti, spesso in maniera funzionale alla rielezione dei Rettori alcuni dei quali hanno l'improntitudine di modificare gli statuti pur di non mollare la loro poltrona per raggiunto limite dei mandati.
E' l'ora che tutti abbiano chiaro che la missione dell'università non è quella di tenere in piedi un carrozzone clientelare, bensì di formare la futura classe dirigente del paese. Missione impossibile se si pensa di realizzarla finanziando 300 sedi ed organizzando i docenti in 370 gruppi disciplinari.
Dopo la ubriacatura del '68 è evidente che l'università di massa è un controsenso il cui risultato è stato ed è di creare una massa di spostati senza arte né parte se non il titolo di dottore. Il tutto a scapito dei giovani capaci e non abbienti, senza possibilità di accedere ad una delle nove università private tipo Bocconi e Luiss, mentre la bella gioventù della nostra sinistra radical chic studia nelle più prestigiose università estere facendosi beffe dei coetanei impegnati in assemblee e cortei.
L'Università di Siena in questo scenario appare particolarmente in difficoltà, come dimostra la poco invidiabile prima posizione in classifica per le spese di personale pubblicata recentemente dal Sole 24 ore, dove si apprende che Siena spende per il personale il 103,8% del Ffo. Se consideriamo che il personale amministrativo è in continuo aumento con la prospettiva di arrivare nel 2010 alla stabilizzazione di 520 rapporti di lavoro, si capisce perché il Rettore Focardi in una recente intervista abbia confessato di avere talvolta qualche difficoltà ad addormentarsi tranquillo.
In realtà i professori ordinari Tremonti e Brunetta hanno offerto ai loro colleghi una straordinaria occasione per cambiare registro mettendo in ordine i conti e ponendo il merito al centro del sistema universitario come è giusto e necessario. Del resto recentemente, in tempi non sospetti di connivenza col governo Berlusconi, nel marzo 2008, i Rettori di 12 università italiane particolarmente qualificate capeggiate da Bologna hanno dato vita al progetto Aquis (Associazione per la qualità delle università
italiane – http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2008/03/15/Aquis.htm
Bologna) per porsi come interlocutori privilegiati nei confronti dei parlamenti, dei governi e dei privati. I requisiti per la adesione a questo consorzio sono la buona gestione (spese per personale < 90% del Ffo), la reputazione internazionale (presenza in una delle classifiche del Times o di Shangai), una dimensione sufficientemente grande (almeno 15.000 studenti).
Oltre ai fondatori altre 7 università italiane soddisfano questi requisiti e sono state chiamate ad aderire al consorzio. La constatazione che non vi sia alcuna delle tre università toscane crediamo debba far riflettere cittadini ed amministratori.
Distinti saluti
Fabio Cavini, Presidente
Enrico Tucci, Direttore Scientifico
Associazione Terra di Mezzo – Siena
nello scorso mese di luglio in tutte le sedi universitarie italiane si sono tenute infuocate assemblee contro il DL 112 che impone alle università italiane una discreta cura dimagrante offrendo loro la possibilità di costituirsi in fondazioni di diritto privato con tutti i vantaggi connessi per il reperimento di finanziamenti aggiuntivi.
Da ogni angolo del paese, anche da Siena, si sono levate grida furibonde contro "i tagli alla ricerca", contro "la privatizzazione del sapere" e via sindacaleggiando.
Riteniamo che sia l'ora di parlare chiaro evitando il perpetuarsi di equivoci che fanno comodo alla potentissima lobby universitaria e ai sindacati che per sacrosanti interessi di bottega le tengono bordone. E' vero che l'Italia spende da sempre meno della media degli altri paesi industrializzati per la ricerca (0,9 del PIL contro 1,4 della media Ocse), ma è anche vero che i fondi statali devoluti alle università non finanziano la ricerca, bensì gli stipendi del personale: si è arrivati al paradosso di considerare virtuose e ben gestite le università che spendono per il personale meno del 90% del Ffo (Fondo di finanziamento ordinario statale) e sono ben poche, meno di un terzo del totale. In pochi anni i costi del personale sono raddoppiati: i docenti sono in grande maggioranza anziani e quindi godono di stipendi elevati, la componente amministrativa è pletorica ed in continua crescita. I pochi finanziamenti disponibili per la ricerca sono distribuiti a pioggia senza adeguato vaglio dei meriti scientifici dei richiedenti, spesso in maniera funzionale alla rielezione dei Rettori alcuni dei quali hanno l'improntitudine di modificare gli statuti pur di non mollare la loro poltrona per raggiunto limite dei mandati.
E' l'ora che tutti abbiano chiaro che la missione dell'università non è quella di tenere in piedi un carrozzone clientelare, bensì di formare la futura classe dirigente del paese. Missione impossibile se si pensa di realizzarla finanziando 300 sedi ed organizzando i docenti in 370 gruppi disciplinari.
Dopo la ubriacatura del '68 è evidente che l'università di massa è un controsenso il cui risultato è stato ed è di creare una massa di spostati senza arte né parte se non il titolo di dottore. Il tutto a scapito dei giovani capaci e non abbienti, senza possibilità di accedere ad una delle nove università private tipo Bocconi e Luiss, mentre la bella gioventù della nostra sinistra radical chic studia nelle più prestigiose università estere facendosi beffe dei coetanei impegnati in assemblee e cortei.
L'Università di Siena in questo scenario appare particolarmente in difficoltà, come dimostra la poco invidiabile prima posizione in classifica per le spese di personale pubblicata recentemente dal Sole 24 ore, dove si apprende che Siena spende per il personale il 103,8% del Ffo. Se consideriamo che il personale amministrativo è in continuo aumento con la prospettiva di arrivare nel 2010 alla stabilizzazione di 520 rapporti di lavoro, si capisce perché il Rettore Focardi in una recente intervista abbia confessato di avere talvolta qualche difficoltà ad addormentarsi tranquillo.
In realtà i professori ordinari Tremonti e Brunetta hanno offerto ai loro colleghi una straordinaria occasione per cambiare registro mettendo in ordine i conti e ponendo il merito al centro del sistema universitario come è giusto e necessario. Del resto recentemente, in tempi non sospetti di connivenza col governo Berlusconi, nel marzo 2008, i Rettori di 12 università italiane particolarmente qualificate capeggiate da Bologna hanno dato vita al progetto Aquis (Associazione per la qualità delle università
italiane – http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2008/03/15/Aquis.htm
Bologna) per porsi come interlocutori privilegiati nei confronti dei parlamenti, dei governi e dei privati. I requisiti per la adesione a questo consorzio sono la buona gestione (spese per personale < 90% del Ffo), la reputazione internazionale (presenza in una delle classifiche del Times o di Shangai), una dimensione sufficientemente grande (almeno 15.000 studenti).
Oltre ai fondatori altre 7 università italiane soddisfano questi requisiti e sono state chiamate ad aderire al consorzio. La constatazione che non vi sia alcuna delle tre università toscane crediamo debba far riflettere cittadini ed amministratori.
Distinti saluti
Fabio Cavini, Presidente
Enrico Tucci, Direttore Scientifico
Associazione Terra di Mezzo – Siena