I due siriani si sono aggiudicati il premio internazionale per la libertà di informazione
La cerimonia di premiazione si svolgerà giovedì 29 settembre alle ore 11 nella Sala della Biblioteca di Palazzo Squarcialupi. Nel corso della manifestazione sono previsti due collegamenti Skype con i premiati. Sarà il disegnatore italiano Sergio Staino a consegnare il premio al collega siriano, in collegamento via Internet da Damasco.
A ritirare materialmente i premi sarà invece il giornalista libanese Saad Kiwan, ospite d’onore della manifestazione, una delle figure più importanti nel panorama del giornalismo mediorientale e attualmente general manager della Fondazione “Samir Kassir” di Beirut: Fondazione che prende il nome dal docente universitario, giornalista, direttore di giornali e attivista politico ucciso da una autobomba a Beirut nel 2005.
“Il Premio ‘Città di Siena-ISF’ ha negli anni seguito con grande attenzione l’evolversi degli attacchi alla libertà di espressione nel mondo – dice. Alesssandro Cannamela, assessore alla Pace e Cooperazione internazionale – Per questo, in questa edizione, non potevamo non porre l’attenzione verso una situazione che sta portando interi popoli in piazza a gridare il loro bisogno di democrazia e di rispetto dei diritti umani”.
“Con l’attribuzione del premio a due esponenti dell’opposizione siriana – spiega Stefano Marcelli, presidente di Information Safety and Freedom, l’associazione internazionale che organizza il Premio in collaborazione con il Comune, la Banca Monte dei Paschi e la Fondazione Barnabei – intendiamo sollecitare una mobilitazione a sostegno di una svolta democratica in Siria e per la tutela dei giornalisti che sono nel mirino della repressione. Secondo l’Onu, dall’inizio delle rivolte, in Siria ci sono state 27mila vittime civili, decine di migliaia sono i profughi rifugiatisi in Turchia e Libano, mentre migliaia di persone risultano scomparse nelle carceri gestite dall’esercito e dai servizi di sicurezza“.
Rami Nakhle
“They want to kill me, but I will not stop my work”. Vogliono ucciderlo, ma lui non ha intenzione di fermarsi. Il messaggio arriva forte e chiaro via skype. Il suo vero nome è Rami Nakhle, ma è meglio conosciuto con lo pseudonimo di Malath Aumran. Costretto da mesi all’esilio, tiene le redini dello scontro telematico contro il regime siriano di Bashar Al Assad. Vive di Facebook, Twitter, Flickr. Rilascia interviste, organizza le rivolte, conta i morti, carica in rete “almeno 100 video al giorno”, ognuno dei quali testimonia “le violenze di piazza commesse dall’esercito siriano”. Sa di rischiare grosso: “Non soltanto il carcere, perfino la vita”. L’anno scorso è miracolosamente scampato all’arresto, oltrepassando il confine libanese con la polizia siriana alle calcagna. Adesso gli stanno dando la caccia anche fuori dalla Siria, per questo vive da recluso, “non metto mai piede fuori di casa”, passando le giornate attaccato al computer, alimentando l’onda della rivoluzione on line. Ventotto anni e una laurea in scienze politiche, ha iniziato a percorrere le vie del web cinque anni fa, fondando la rivista on line Siria News. Poco dopo ha lanciato la campagna contro la rete di telefonia cellulare Syriatel, accusata di corruzione e di proprietà del cugino del presidente siriano Assad.
Intervistato pochi giorni fa da una radio svedese su come si svolgono le sue giornate, ha così risposto: “Dormo tre ore a notte, sono connesso a Internet tutto il giorno. Mi contattano tantissimi giornalisti da ogni parte il mondo. Rilascio interviste, aggiorno le mie pagine di Facebook e Twitter per denunciare le violenze quotidiane sulle strade delle nostre città, sono in contatto perenne con altri attivisti in Siria, ci scambiamo informazioni e organizziamo le rivolte. E’ l’unico modo per denunciare quello che succede. I giornalisti rimasti in Siria sono pochissimi, e quei pochi sono controllati dal Governo. I giornalisti siamo diventati noi”.