SIENA. Pubblici ufficiali, in quanto muniti di poteri autoritativi e certificativi, svolgenti una funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico. E’ questo un passaggio della sentenza n° 38389/2009 della Corte di Cassazione che di fatto riconosce la qualifica di Pubblico Ufficiale ai verificatori dei titoli di viaggio che “provvedono alla constatazione dei fatti ed alle relative verbalizzazioni nell’ambito di attività di prevenzione ed accertamento delle infrazioni relative ai trasporti”.
“Si tratta di una decisione importante che consente di rafforzare il ruolo delle aziende di trasporto pubblico locale nella lotta contro i cosiddetti “portoghesi" – osserva il direttore generale di Siena Mobilità, Piero Sassoli – Un impegno che stiamo portando per dare un segnale alla collettività e per cercare di limitare un fenomeno che per le aziende di trasporto pubblico comporta un costo particolarmente importante. Oltre a rispondere criteri di economicità per le aziende, la decisione della Corte di Cassazione, rappresenta anche un importante novità sul fronte della sicurezza a bordo, rafforzando ulteriormente la stretta collaborazione che abbiamo attivato con le Forze dell’Ordine sul territorio”.
La decisione è stata adottata in seguito alla decisione della Corte di Cassazione di infliggere un’ammenda di mille euro per la violazione dell’articolo 651 del codice penale a un passeggero che, sprovvisto di titolo di viaggio, si era rifiutato di dare indicazioni sulla propria identità personale al controllore/pubblico ufficiale che agiva nell’esercizio delle sue funzioni, integrando così il reato di violazione dell’art. 651 del codice penale relativo a “Rifiuto di indicazione sulla propria identità personale”.
Nel caso trattato dalla Corte di Cassazione non è valsa ad escludere la sussistenza del reato la circostanza di avere poi l’imputato esibito un proprio documento di identità all’agente di Polizia, essendo lo stesso intervenuto successivamente al rifiuto opposto dal trasgressore, su richiesta del controllore e proprio a seguito di tale rifiuto, e quindi dopo la consumazione del reato.
“Si tratta di una decisione importante che consente di rafforzare il ruolo delle aziende di trasporto pubblico locale nella lotta contro i cosiddetti “portoghesi" – osserva il direttore generale di Siena Mobilità, Piero Sassoli – Un impegno che stiamo portando per dare un segnale alla collettività e per cercare di limitare un fenomeno che per le aziende di trasporto pubblico comporta un costo particolarmente importante. Oltre a rispondere criteri di economicità per le aziende, la decisione della Corte di Cassazione, rappresenta anche un importante novità sul fronte della sicurezza a bordo, rafforzando ulteriormente la stretta collaborazione che abbiamo attivato con le Forze dell’Ordine sul territorio”.
La decisione è stata adottata in seguito alla decisione della Corte di Cassazione di infliggere un’ammenda di mille euro per la violazione dell’articolo 651 del codice penale a un passeggero che, sprovvisto di titolo di viaggio, si era rifiutato di dare indicazioni sulla propria identità personale al controllore/pubblico ufficiale che agiva nell’esercizio delle sue funzioni, integrando così il reato di violazione dell’art. 651 del codice penale relativo a “Rifiuto di indicazione sulla propria identità personale”.
Nel caso trattato dalla Corte di Cassazione non è valsa ad escludere la sussistenza del reato la circostanza di avere poi l’imputato esibito un proprio documento di identità all’agente di Polizia, essendo lo stesso intervenuto successivamente al rifiuto opposto dal trasgressore, su richiesta del controllore e proprio a seguito di tale rifiuto, e quindi dopo la consumazione del reato.