SIENA. Inserzioni multiple in territorio ostile con assetti aerei e anfibi per attaccare e distruggere, simultaneamente, 10 installazioni fisse e 5 autocolonne avversarie in appena 7 giorni. Una media di 150 chilometri di movimento appiedato per ciascuna pattuglia, in terreno accidentato, con condizioni metereologiche proibitive e sotto la costante pressione nemica esercitata con unità motorizzate, assetti cinofili, capacità di guerra elettronica e radar di sorveglianza del campo di battaglia.
Questa, in sintesi, l’attività di interdizione d’area condotta dai paracadutisti del 186° Reggimento paracadutisti “Folgore” di Siena, nell’ambito dell’Esercitazione “Mangusta 2014” che ha coinvolto, per circa due settimane a cavallo di novembre e dicembre, più di 1000 paracadutisti della brigata “Folgore” in entrambi i partiti in gioco. Non a caso, la “Mangusta” è da sempre considerata l’università del paracadutista, il cimento individuale e collettivo che non fa sconti e non consente scorciatoie. In particolare, operare in una pattuglia di combattimento in interdizione è una prova che porta al limite le capacità fisiche e psicologiche del combattente, la quale, per essere portata a termine, richiede professionalità, forza fisica e di carattere, salda volontà di assolvere il compito. Trattasi oltretutto di un gioco “libero”, in cui intuito e iniziativa ai minimi livelli marcano inesorabilmente la differenza tra il successo e il fallimento dell’operazione.
In conclusione, la manovra sul terreno è risultata efficace: tutti gli obiettivi sono stati conseguiti, con perdite irrisorie. Tuttavia, se qualcuno volesse realmente valutare l’esito dell’attività, dovrebbe ammirare i volti sporchi, induriti ma entusiasti dei paracadutisti del 186° Reggimento per aver operato per oltre 7 giorni in condizioni operative estreme: come dire, cosa normale per il paracadutista. Ha vinto l’addestramento, missione compiuta.