Non è un obbligo ma un
SIENA. Nell’ultimo consiglio comunale è stato approvato il “Registro delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” cosiddetto Testamento Biologico da tenere negli uffici del comune di Siena, una mozione del programma di SEL che avevo presentato in accordo con l’ANPI. In sostanza non è altro che la possibilità, per ogni cittadino residente, di recarsi al proprio comune e compilare un modulo nel quale dichiara quali trattamenti sanitari intende o non intende ricevere nel caso in cui tale facoltà gli fosse impedita dal sopraggiungere di una malattia. Non è un obbligo ma un’opportunità per chi volesse farlo, non comprendo tutto questo accanimento nel negare tale opportunità peraltro già riconosciuta in moltissimi comuni italiani.
È evidente che, in uno stato di diritto capace di trattare le persone non come sudditi infantili ma come cittadini, questa libertà, il libero arbitrio, le disposizioni in qualsiasi momento espresse di trattamento del proprio corpo sarebbero già riconosciute da tempo, come avviene in quasi tutte le democrazie più avanzate. In Italia invece, la retorica ed l’ipocrisia di una classe politica più arretrata anche di grandi principi della fede come il cardinal Martini, si oppone ad ogni progresso della libera scelta sui temi etici pur di trarne un qualche vantaggio in termini elettorali. Viviamo, su questa come su altre questioni, una perenne condizione di ipocrisia tra ciò che dichiariamo nei contesti internazionali di adesione alle Convenzioni internazionali e alle Carte dei diritti e ciò che mettiamo in pratica nelle norme nazionali. Sul tema del Testamento Biologico, per esempio, non abbiamo ancora tradotto in norma la Convenzione di Oviedo che già dal 1997 obbligava gli stati a tenere in debito conto le indicazioni precedentemente lasciate dal malato su come trattare il proprio corpo in caso di malattia. E’ vero che in tal senso, il codice deontologico dei medici ha fatto passi importanti di riconoscimento di tale diritto che testimonia il progresso deontologico al cospetto dell’arretratezza della politica. La domanda che mi pongo è: si può lasciare ai medici l’onere totale della scelta? Come li aiutiamo a non farsi carico individualmente di scelte pesanti e difficili, rimuovendo il conflitto insito nelle personali credenze di ciascuno? Come facciamo a creare le condizioni affinché essi possano sempre rispettare la volontà del malato anche quando quest’ultimo non è più in grado di vita relazionale? Come facciamo a creare un clima culturale che li aiuti sempre a non violare la scelta libera del malato di morire con dignità senza accanimento terapeutico?
Nel silenzio assordante di chi detiene il potere di legiferare la raccolta delle volontà dei cittadini su come trattare il proprio corpo in caso di malattia rappresenta per me un dovere che i Comuni hanno in quanto sono l’Istituzione rappresentativa della volontà popolare più prossima ai cittadini.
Questo è quanto ha deliberato a larga maggioranza il consiglio comunale di Siena.
Pasquale D’Onofrio
Capogruppo Sinistra Ecologia e Libertà