La sospensione della sentenza-Ascheri apre alcuni interrogativi
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. La notizia era già circolata a Siena. Passata su alcuni organi di stampa locali e non solo locali.
Per questo, la conferenza stampa di questa mattina (27 gennaio) indetta da Raffaele Ascheri e dal suo avvocato, Luigi De Mossi, non poteva che aggiungere qualche interessante notizia a quanto già detto. Quanto già reso pubblico era che lo scrittore diventato “scandalosamente” famoso per il suo libro “La casta di Siena”, condannato da una sentenza di primo grado a pagare un risarcimento a Curia, Arcivescovo Buoncristiani e Monsignor Acampa per una astronomica cifra di 250 mila euro, ha ottenuto dalla Corte di Appello di Firenze una “sospensione” della condanna.
Le ragioni di questa “inversione” dell’esito della vicenda penale si riducono, al momento, ad un vizio di forma. Il giudice che nel gennaio 2011 emise la sentenza di primo grado, risultava essere in realtà già in pensione da circa otto mesi. Un fatto, questo, decisamente “insolito” che ha strappato un sorriso allo stesso giudice di Corte d’Appello, Giulio De Simone. Se all’avvocato De Mossi, infatti, non era stata data questa informazione dal Tribunale di Siena – il dato era coperto da privacy – al “collega” era bastato fare una telefonata – a mezzo segretaria – per conoscere esattamente la data di pensionamento di Cavoto.
Un’altra “stranezza” segnalata dalla memoria – lunga 40 pagine – presentata dal legale di Ascheri in Appello, riguarda le motivazioni riportate nella sentenza di primo grado. Per il giudice Cavoto monsignor Acampa era stato assolto con formula piena dalle accuse di calunnia e incendio doloso della curia di Siena. Una assoluzione reale, in effetti, ma concretizzatasi solo sei mesi dopo la stesura della sentenza del Cavoto. E che non poteva essere neppure già stata decisa “in camera caritatis” dai giudici della sezione penale in quanto il processo, nella data del gennaio 2011 – quando è stato condannato Ascheri – era in pieno svolgimento.
Questo è quanto già a conoscenza dei lettori attenti alle vicende di cronaca.
Oggi, in conferenza stampa, qualche altra notizia è venuta fuori. Il ricorso presentato da Ascheri alla Corte d’Appello di Firenze è stato meglio articolato. Nelle motivazioni alla base dell’appello c’è anche la “enormità” del risarcimento concesso in primo grado ai tre soggetti “offesi”. Esisterebbe una disparità di trattamento rispetto a procedimenti simili che è decisamente sproporzionata, secondo la difesa di Ascheri.
Ancora più importante – e più grave – per il professore e per il suo avvocato, è il fatto che, nel processo di primo grado non siano state ammesse prove ritenute importati per consentire una giusta difesa della persona imputata. Prove raccolte dalla stessa autorità giudiziaria e che avrebbero certamente offerto al giudice designato maggiori strumenti per arrivare alla sentenza.
Insomma, oltre al difetto di forma raccolto prontamente dalla Corte di Appello di Firenze c’è anche una serie di questioni di sostanza che Ascheri e De Mossi hanno messo in campo e che certamente non sono passate “sotto silenzio”. La Corte d’Appello, infatti, ha tempo per analizzare tutti gli aspetti raccolti dalla difesa e giungere ad una valutazione generale che potrebbe ribaltare la sentenza del gennaio 2011.
Intanto, il 9 settembre scorso, l’avvocato De Mossi ha presentato alla Procura di Siena un esposto per accertare le criticità della sentenza emessa in primo grado. Un procedimento che verrà certamente discutto a Genova, sede competente per la Toscana per i procedimenti verso i magistrati.
Resta, alla luce di quanto fin qui raccolto, la riflessione, ad apertura di conferenza, dell’avvocato De Mossi che, di fronte ad una piccola rappresentanza di giornalisti ha sentito il bisogno di lamentarsi per la situazione della stampa a Siena.
“In questa città, ormai – ha detto l’avvocato di Ascheri – il potere, più che alla libertà di stampa, tiene alla libertà dalla stampa. Se il fatto è episodico, niente da dire, ma se diventa sistemico lede il diritto ad informare e ad essere informati, un diritto fondamentale nell’interesse pubblico. Fa parte della civiltà giuridica. L’atteggiamento a Siena è incline a inibire la comprensione dei fatti, creandosi una idea critica (attraverso una informazione corretta) dell’operato di enti e istituzioni. A Siena le notizie non circolano”.