L
SIENA. Quest’anno a 70 anni dall’eccidio di 19 partigiani, avvenuto nel 1944, ricordiamo i combattenti partigiani e le vittime del nazifascimo.
Per anni commemorazioni istituzionali, parate di politici di ogni schieramento, hanno reso il 25 aprile una data priva di significato, intrisa solo di falsa retorica istituzionale con la perdita progressiva degli ideali e dei valori che spinsero decine di migliaia di giovani a combattere per un futuro diverso.
L’Italia di oggi non è il frutto della Resistenza, ma del suo tradimento: chi lottò, in molti casi dando la propria vita, non aveva certo in mente di farlo per un’Italia in cui la libertà non coincidesse con la giustizia sociale.
Già nel primo dopoguerra i quadri partigiani venivano espulsi dall’apparato dello Stato, dove vennero ad uno ad uno reintrodotti esponenti fascisti, nella nuova visione della lotta anticomunista e del mondo diviso in blocchi.
Dietro l’apparenza del nuovo ordine il vecchio ha continuato a fornire le sue leggi e i suoi uomini. Oggi di fronte alla crisi del capitalismo, all’evidenza della fine di ogni margine di compromesso con le forze della borghesia, testimoniato dal totale scollamento della classe dirigente dalle masse, dall’inasprirsi della repressione e dalla progressiva diminuzione dei margini di libertà conquistati nel dopoguerra, oggi più che mai è necessario rilanciare gli ideali e i valori della Resistenza per conquistare nuovi traguardi!
Oggi, più che mai, resistere vuol dire attaccare rilanciando con forza la parola d’ordine di un lavoro utile e dignitoso per tutti, impedire la chiusura delle fabbriche, lottare contro la dismissione dei diritti dei lavoratori e per cacciare, una volta per tutte, chi sfrutta per mero profitto.
Resistere significa anche opporsi al processo di dismissione della scuola e dell’università pubblica che i partiti borghesi portano avanti per costruire un sistema universitario per pochi, significa contrattaccare, ribaltare il tavolo e le sue regole, e con esso tutti coloro che le accettano.
Coloro che in questi anni hanno promosso o appoggiato le peggiori riforme, condotte in nome degli interessi dei capitalisti, non hanno nulla a che spartire con la Resistenza e con le donne e gli uomini che hanno sacrificato le loro vite per costruire un modello di società diversa: una società che abolisse finalmente lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo!
Ma il sacrificio di tanti non è stato vano: l’ideale di un’Italia libera e socialista vive e sempre vivrà nelle nostre lotte fino alla vittoria.
Per questo motivo vogliamo ricordare quei 19 giovani che sono stati uccisi alla Porcareccia 70 anni fa, perché il loro coraggio, le loro idee ed il loro antifascismo non venga dissimulato da un antifascismo di facciata.
Portiamo a compimento ciò che è rimasto incompiuto: per una nuova resistenza delle masse popolari, per la loro riscossa, fino al socialismo!
Per anni commemorazioni istituzionali, parate di politici di ogni schieramento, hanno reso il 25 aprile una data priva di significato, intrisa solo di falsa retorica istituzionale con la perdita progressiva degli ideali e dei valori che spinsero decine di migliaia di giovani a combattere per un futuro diverso.
L’Italia di oggi non è il frutto della Resistenza, ma del suo tradimento: chi lottò, in molti casi dando la propria vita, non aveva certo in mente di farlo per un’Italia in cui la libertà non coincidesse con la giustizia sociale.
Già nel primo dopoguerra i quadri partigiani venivano espulsi dall’apparato dello Stato, dove vennero ad uno ad uno reintrodotti esponenti fascisti, nella nuova visione della lotta anticomunista e del mondo diviso in blocchi.
Dietro l’apparenza del nuovo ordine il vecchio ha continuato a fornire le sue leggi e i suoi uomini. Oggi di fronte alla crisi del capitalismo, all’evidenza della fine di ogni margine di compromesso con le forze della borghesia, testimoniato dal totale scollamento della classe dirigente dalle masse, dall’inasprirsi della repressione e dalla progressiva diminuzione dei margini di libertà conquistati nel dopoguerra, oggi più che mai è necessario rilanciare gli ideali e i valori della Resistenza per conquistare nuovi traguardi!
Oggi, più che mai, resistere vuol dire attaccare rilanciando con forza la parola d’ordine di un lavoro utile e dignitoso per tutti, impedire la chiusura delle fabbriche, lottare contro la dismissione dei diritti dei lavoratori e per cacciare, una volta per tutte, chi sfrutta per mero profitto.
Resistere significa anche opporsi al processo di dismissione della scuola e dell’università pubblica che i partiti borghesi portano avanti per costruire un sistema universitario per pochi, significa contrattaccare, ribaltare il tavolo e le sue regole, e con esso tutti coloro che le accettano.
Coloro che in questi anni hanno promosso o appoggiato le peggiori riforme, condotte in nome degli interessi dei capitalisti, non hanno nulla a che spartire con la Resistenza e con le donne e gli uomini che hanno sacrificato le loro vite per costruire un modello di società diversa: una società che abolisse finalmente lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo!
Ma il sacrificio di tanti non è stato vano: l’ideale di un’Italia libera e socialista vive e sempre vivrà nelle nostre lotte fino alla vittoria.
Per questo motivo vogliamo ricordare quei 19 giovani che sono stati uccisi alla Porcareccia 70 anni fa, perché il loro coraggio, le loro idee ed il loro antifascismo non venga dissimulato da un antifascismo di facciata.
Portiamo a compimento ciò che è rimasto incompiuto: per una nuova resistenza delle masse popolari, per la loro riscossa, fino al socialismo!
DAS_dimensione autonoma studentesca, Fronte della Gioventù Comunista – Toscana
CARC_Siena Val d’Elsa