SIENA. Dall’America all’Asp per imparare a vivere per gli altri, a mettere al centro i loro bisogni piuttosto che i propri, a toccare con mano la vita che si respira in una struttura di assistenza nonostante la vecchiaia e la malattia.
È questo il senso dell’esperienza che Samantha, giovane studentessa americana, ha vissuto all’interno del Campansi, dove ha avuto l’opportunità di svolgere un tirocinio di quattro mesi a stretto contatto con gli anziani e gli operatori del reparto Benvenuto di Giovanni. Una bella palestra di vita nata dalla sinergia che si è creata tra l’Asp e la Siena School for Liberal Arts.
“Il nostro obiettivo – spiega Rita Sala, docente della Siena School – è dare agli studenti che scelgono la nostra scuola l’opportunità di unire la dimensione accademica e quella sociale per sperimentare una Siena diversa da quella che, in genere, si offre ai turisti. È questa la logica del service learning, che permette di applicare e verificare sul campo quanto imparato sui libri, facendo allo stesso tempo un’esperienza utile per se stessi e per la società”.
“Samantha – aggiunge la presidente dell’Asp, Donatella Buti – è la seconda studentessa che sceglie l’Asp per il proprio tirocinio e ne siamo orgogliosi e onorati. Quella con la Siena School è una collaborazione estremamente proficua, sia per gli studenti che per la nostra struttura, un modo per unire le forze proiettandoci insieme verso risultati importanti. Per questa sinergia ringraziamo la Direttrice della scuola, Miriam Grottanelli De Santi, con cui abbiamo recentemente stipulato una convenzione che ci permetterà di ampliare ulteriormente gli ambiti di collaborazione. Il nostro auspicio è che anche altri studenti possano vivere esperienze significative come quella che ha vissuto Samantha”.
“Dagli anziani del Campansi ho imparato tantissimo, soprattutto che in certe situazioni non sei tu il centro del mondo, ma gli altri – conferma Samantha, che studia al Meredith College, in North Carolina – Grazie al confronto con loro ho compreso che, anche dietro la malattia, ci sono emozioni e desideri che dobbiamo imparare a comprendere e soddisfare, e che realtà come il Campansi non sono luoghi tristi di desolazione e abbandono ma ambienti di vita fatti di persone che hanno voglia di comunicare con te e di farti entrare nel loro mondo, se tu dimostri di accettarli così come sono, anche con i loro limiti”. “Questa esperienza – conclude Samantha – ha modificato radicalmente il mio punto di vista su cosa ha valore e cosa no: so che cambierà profondamente la mia vita, umana e professionale. Mi piacerebbe che questi quattro mesi potessero avere un seguito, magari in una struttura simile al Campansi in America”.
Di certo, un seguito lo avranno nel cuore di Samantha, a cui gli anziani hanno regalato un libro con le loro foto e affettuose dediche: la migliore testimonianza del fatto che, anche se solo per quattro mesi, è stata una di loro.