A settembre la "marcia per la legalità"
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di Max Brod
SIENA. Sul caso Suvignano (leggi) si è alzato, fin da subito, un coro unanime di protesta. Il sindaco di Monteroni Armini, il segretario PD di Monteroni Taccioli, i deputati PD Gelli e Mattiello, i Giovani Democratici della Toscana, Arci, Cgil, l’Associazione Servizio Pubblico ed il sindaco di Siena Bruno Valentini hanno infatti espresso il loro dissenso per la decisione, da parte dell’Agenzia per l’amministrazione dei beni sequestrati, di vendere la vasta tenuta anziché affidarla agli enti locali per un progetto di valorizzazione agricola e sociale, che l’avrebbe trasformata in un prezioso presidio antimafia.
L’Agenzia, interpellata dal Cittadino (leggi), risponde che dopo anni di contrattazioni non si è trovato il modo di “aggirare” la legge che prevede, per i beni aziendali confiscati (a differenza degli immobili, per i quali l’affidamento agli enti territoriali è di prassi), solo tre alternative: vendita, affitto o liquidazione (Art 48 del codice antimafia, comma 8), trovandosi quindi costretta alla vendita all’asta di Suvignano, come miglior soluzione per l’erario. Un cambio di rotta non da poco per l’Agenzia, se si considera che nel 2010 il passato gruppo dirigenziale aveva dichiarato: “L’azienda agricola di Suvignano non andrà all’asta” (leggi).
La questione dunque si svolge, oltre che sul piano politico – sul quale nessuno si sta risparmiando per far sentire la propria voce – anche sul piano legislativo, dove invece le ugole si fanno più timide, col rischio che il problema non si affronti in profondità. L’aspetto normativo non sfugge a tutti: non a caso Don Ciotti, nel suo commento di dissenso in cui dichiara, su Suvignano: “Inopportuno, lo Stato si fermi”, si augura poi, che le proposte di modifica della legge (peraltro appoggiate anche dallo stesso direttore dell’Agenzia, il dott. Caruso) possano proseguire, estendendo anche ai “beni aziendali” la disciplina dettata per i beni immobili.
Ma c’è chi ha impostato una linea più dura. La Regione, infatti, appoggiata dall’Associaz. Naz. Partigiani d’Italia annuncia che farà ricorso al Tar, in quanto è vero che la vendita del bene aziendale è un’alternativa prevista dalla norma, ma solo quando ci siano “soggetti che ne abbiano fatto richiesta” (art 48, comma 8, lett. b). Il segretario provinciale PD Guicciardini invece, annuncia che i parlamentari Dallai, Cenni ed Ermini presenteranno un’interrogazione al Ministro degli Interni perché “sia garantito il principio di legge per cui i beni confiscati siano utilizzati a fini sociali”.
Intanto si concretizza un primo appuntamento per affrontare la questione in sede assembleare: una “marcia per la legalità”, prevista in data 8 settembre, lanciata ieri dal presidente della CIA-Siena Roberto Beligni, e appoggiata dalla Coop centro Italia, che partirà da Monteroni e arriverà a Suvignano. Potrebbe essere l’occasione per trovare un fronte unico ed efficace delle forze spiegate in campo per la causa Suvignano, e perché no, risolutivo della questione locale ma anche del limbo normativo dentro il quale si trovano tutte le altre aziende confiscate alla mafia, per avere – una volta tanto nel nostro Paese – l’“occhio lungo”, ed evitare un possibile, e deprecabile, caso Suvignano bis.