Dipendenti preoccupati e sindaci del territorio schierati in difesa
di Augusto Mattioli
SIENA. Una serie di interrogativi che pendono come spade di Damocle sulle teste degli amministratori locali sono state al centro dell’ultima seduta straordinaria del Consiglio provinciale che si à tenuto oggi (31 gennaio) a Siena.
“Ispiratore” delle domande che hanno fatto da filo conduttore del consesso un volantino del sindacato della Funzione pubblica della Cgil di Siena. Le domande: Chi gestirà le funzioni degli enti? In che modo saranno gestite? Quale sarà il futuro dei lavoratori? E quale dei precari? Ma anche: che fine faranno le province? Secondo i progetti di questo governo tecnico, dovrebbero sparire.
In un sala affollatissima e nei corridoi adiacenti oltre ai consiglieri, si sono visti i sindaci dei 36 comuni senesi che qualche giorno fa hanno firmato un documento nel quale si chiedevano se fosse davvero utile rinunciare al ruolo delle province. E non sono mancati neppure i moltissimi dipendenti dell’amministrazione provinciale.
Una mattinata con un dibattito vero nel quale non è certo mancata la difesa del ruolo dell’ente provincia, un ruolo magari rendere ancora più efficiente approfittando di questo momento delicato per la politica, al fine di poter dare un cambio di passo. Ma rifiutando di chiudere un’esperienza amministrativa che vuole essere considerata fondamentale, perchè vicina alla gente.
Nicoletta Pini dell’ufficio economato della Provincia ha conseguito una laurea triennale all’università di Siena discutendo una tesi proprio sulle province. “C’è molta disinformazione – tiene a precisare – sulle conseguenze che la sparizione delle Province potrebbe avere. I cittadini spesso non ne conoscono il ruolo. Ma oggi, questi enti, hanno necessità di competenze. Credo che l’ente provincia sia ad un livello ottimale per crescere mentre la regione appare troppo distante dal vivere quotidiano”.
Laura Lorenzetti dell’ufficio ambiente, 36 anni di anzianità il timore di dover andare via da Siena ce l’ha. Ma non solo. “C’è – aggiunge – anche l’incertezza di non sapere i criteri sulla nuova organizzazione del lavoro. Per questo sono molto preoccupata. Magari potessi andare in pensione!”.
La necessità di un confronto sui temi al tappeto è stata sottolineata da Fabio Conti della Rsu della Provincia. “Soprattutto con chi è direttamente coinvolto in questo processo, a partire dai sindacati e dai lavoratori. Noi del pubblico impiego vogliamo esserci perche solo dal confronto può nascere una proposta condivisa”. “Il fatto è – aggiunge Enrica Nerli dell’ufficio agricoltura – che siamo davvero un punto di riferimento per un settore che nel senese è importante. Siamo preoccupati perché non si sa cosa accadrà. Una preoccupazione e un’incertezza che percepiamo anche nei nostri utenti”.
“La sfida vera è riformare tutti gli organi dello Stato, partendo proprio dal Parlamento dove continuano a esistere due rami, la Camera dei Deputati e il Senato, che fanno la stessa cosa, con il risultato finale di allungare quantomeno i tempi dell’approvazione delle leggi – ha detto nel suo intervento il presidente del Consiglio provinciale, Riccardo Burresi – Per le Province è necessaria una grande riforma dove queste trovino una dimensione minima ottimale che metta insieme due criteri: quello degli abitanti e quello dell’estensione territoriale. Ecco perché una regione Toscana a 10 Province è figlia di un altro tempo. Oggi deve essere riformata. E non possiamo limitarci a far tornare Prato nei confini della Provincia di Firenze. Serve molto di più. Servono dimensioni che coinvolgano oltre 300 mila abitanti per i piccoli territori e una scala efficiente per i territori più grandi. Non vogliamo più veder nascere Province che sono più piccole di qualche Comune, come quelle recentemente istituite in alcune parti d’Italia”.