di Augusto Mattioli
SIENA. Una coinvolgente rappresentazione sulla condizione della donna in Afghanistan, raccontata dall’Hidden teathre di Annett Heinemann, ha aperto questa mattina a Siena la cerimonia di consegna del premio Isf–Città di Siena, giunto all’ottava edizione a due giornalisti afgani.
Quello in condizioni più drammatiche è Sayed Parwez Kabakhsk, studente di giornalismo condannato alla pena di morte poi commutata in venti anni di carcere per avere inviato ai suoi compagni un articolo nel quale un intellettuale iraniano aveva sostenuto la parità di diritto per le donne e invitava l’Islam a modernizzarsi. Richieste che evidentemente di cosiddetti”difensori della purezza della fede” hanno giudicato blasfeme.
L’altro giornalista premiato è Nasim Fekrat, reporter e fotografo di Kabul presente alla cerimonia fondatore dell’associazione dei blogger afgani, segnalato per il premio dal giornalista Pino Scaccia, inviato del Tg1. “Un premio che mi dà coraggio” ha detto il giovane giornalista ad una platea composta in gran parte di studenti del liceo classico Piccolomini di Siena.
Stefano Marcelli, presidente di Isf, ha sottolineato che il premio di quest’anno “che come sempre va a giornalisti controcorrente, oltre a porre l’attenzione sulle difficoltà che la nuova generazione di giornalisti ha nello svolgere il proprio lavoro ma che vuole lottare per raccontare la realtà, è anche un modo per iniziare un dibattito sui sette anni di presenza in Afghanistan di eserciti stranieri. La condanna di Sayed getta un’ombra inquietante sugli esiti della missione internazionale e sullo stato di avanzamento della costruzione di una piena democrazia che ne rappresentava l’obiettivo principale. Spero comunque che premio sia un messaggio che possa raggiungere anche il governo di Kabul”.
Anche Lorenzo Garibaldi assessore alle politiche internazionali del comune di Siena entra nel merito dell’efficacia della missione internazionale in Afghanistan. “Dopo sette anni di missione umanitaria viene da chiedersi se sia davvero migliorata la condizione del popolo afghano, delle donne e degli intellettuali. I Talebani sono alle porte di Kabul e la Shariia detta legge al posto dei nuovi codici che proprio l’Italia ha il compito di mettere a punto”.